Oltre il proprio balcone, il dramma dei cristiani in Terra Santa

Anna Sanfelice Visconti di Modrone

In clausura, quarantena, confinamento – quante parole per descrivere la stessa situazione – da quasi due mesi, il balcone è diventato il nostro osservatorio privato, il nostro piccolo spazio di libertà. Dal balcone abbiamo cantato, suonato, applaudito chi si sacrifica senza risparmio nella cura degli ammalati, C’è chi ha improvvisato una partita di tennis da un terrazzo all’altro, chi una di ping-pong tra due finestre. Chiunque aveva a disposizione uno spazio aperto lo ha vissuto come un piccolo privilegio,  l’osservatorio personale  su quella realtà esterna che ci era preclusa.

Da un balcone virtuale più ampio ci siamo affacciati attraverso i notiziari, che a cadenze stabilite ci aggiornano sull’agghiacciante contabilità dei contagiati, su quella rassicurante dei guariti, e quella drammatica di chi non ce l’ha fatta. Chiusi nelle nostre stanze abbiamo seguito la pandemia estendersi alla velocità di un incendio, in Cina, Europa, Stati Uniti, Canada e in America Latina. Molto meno ne abbiamo seguito il propagarsi in altre aree geografiche, alcune già in situazioni molto critiche.

Una delle realtà di maggiore sofferenza in questi momenti è quella delle comunità cristiane in Terra Santa, sparse fra Israele, Territori palestinesi e Giordania. Persone che in condizioni normali hanno difficoltà, in quanto cristiani, a prendere una casa in affitto o ad ottenere un lavoro, circondate come sono da un clima ostile, hanno visto peggiorare ancora le loro  condizioni di vita a causa della pandemia.

Il blocco adottato in successione dai rispettivi Paesi – immediatamente nei Territori, che comprendono zone tra le più densamente popolate del mondo, e in Giordania, col coprifuoco interrotto solo in alcune ore per consentire acquisti di cibo e medicine, più gradualmente in Israele – ha colpito duramente un’economia già precaria, fondata quasi esclusivamente sul turismo religioso e sui servizi accessori, come l’accoglienza dei pellegrini. I circa 50.000 pendolari in Israele hanno da un giorno all’altro perso il lavoro. Sempre in Israele, i migranti irregolari che sopravvivevano lavorando a giornata non solo sono disoccupati, ma in quanto tali non hanno  alcuna tutela sociale e sanitaria. In Giordania il governo non ha previsto per ora sussidi o aiuti a persone e famiglie.

L’unico sostegno a questa comunità, e non solo, viene dalle opere e dalle istituzioni cristiane in loco, molte delle quali fanno capo al Patriarcato Latino di Gerusalemme. Dal Patriarcato dipendono scuole, università, ospizi, orfanatrofi, campi profughi, che accolgono in prevalenza siriani. Sono strutture aperte a chiunque, indipendentemente dalla religione professata. Gli allievi di scuole e università gestite dal Patriarcato sono mussulmani per il sessanta per cento, segno della qualità nell’istruzione impartita, che le famiglie evidentemente apprezzano. E strumento fondamentale per favorire il dialogo interreligioso, cominciando proprio dalle giovani generazioni.

Ora, come si può immaginare, tutto è rimesso in discussione. L’e-learning che si è cercato di introdurre si scontra con l’incompleta preparazione degli insegnanti, la scarsità di computer, l’inadeguatezza delle linee internet, la scarsa capacità di molte famiglie di assistere i ragazzi in questo nuovo sistema. Difficilmente saranno pagate le rette dell’ultimo trimestre e sono in dubbio le iscrizioni per il prossimo anno scolastico.

Le parrocchie segnalano situazioni drammatiche di povertà. Secondo l’amministratore del Patriarcato, la percentuale di disoccupati in Terrasanta è attualmente tra il 60 e il 70 per cento.

La già difficile situazione, con l’ulteriore tragedia della pandemia,   potrebbe ridurre la presenza cristiana ad una frazione di quella che attualmente vi risiede. Secondo il Centro per lo studio del cristianesimo globale, nel 2025 i cristiani nell’intero Medio Oriente potrebbero rappresentare soltanto il 3% della popolazione. Minoranza indifesa e oppressa,  che rischia di scomparire proprio dai luoghi dove il Cristo è nato e vissuto, dove è stato crocifisso ed è risorto, e da dove la sua parola si è diffusa attraverso la predicazione degli apostoli al mondo intero. Dal nostro balcone virtuale cerchiamo di dare uno sguardo anche a loro, e di non dimenticarli.

Credits: per il materiale fotografico si ringraziano le testate dei periodici “Avvenire” e “Il Ponte” e l’Agenzia francescana “Fratesole”

Anna Sanfelice Visconti di Modrone

Napoletana, laureata in Giurisprudenza e Scienze Politiche a La Sapienza di Roma, iscritta all’ACDMAE di cui è stata a lungo Presidente, ha esercitato la professione di avvocato tra un trasferimento e l’altro del coniuge Leonardo Visconti di Modrone. Ha all’attivo diverse pubblicazioni sulle carte conservate nella casa di famiglia a Lauro, sulle consorti che hanno vissuto le turbolenze del Vicino e Medio Oriente, e sui propri ricordi di vita a fianco del marito.

Le notizie e i dati contenuti in questo articolo sono tratti da un recente rapporto dell’amministratore del Patriarcato Latino di Gerusalemme all’Ordine Equestre del S. Sepolcro, che ne è il principale sostenitore.

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