di Desirée Nieves
«Non esiste terra più bella che occhi umani abbiamo mai visto».
Raccontano che sia stata la prima frase detta da Cristoforo Colombo appena sbarcato sulle sponde nord dell’isola il 28 ottobre del 1492. Il grande navigatore era convinto di essere arrivato nelle Indie ma, varcando la terra incognita, aveva scoperto un intero continente per errore, aprendo i Caraibi al Vecchio Mondo.
L’area dove oggi si trova L’Avana non fu la prima ad essere scoperta poiché gli spagnoli arrivarono sulla sponda nordest di Cuba, oggi conosciuta come l’Oriente. Colombo era a conoscenza delle sue caratteristiche insulari ma l’isola fu circumnavigata solo nel 1508 da Sebastiano de Ocampo. In ogni caso, Cuba diventò subito importante per la corona di Spagna prima e per gli Stati Uniti dopo. Non possiede grandi risorse naturali, ma la sua bellezza, non solo di un’isola ma di un arcipelago intero, fa innamorare chiunque abbia la fortuna di conoscerla. Per via della sua posizione geografica, viene chiamata “la Chiave del Golfo”, inteso come quello del Messico o se vogliamo oggi dell’America, è imprescindibile per controllare l’America Centrale, i Caraibi ed il Sudamerica.
L’Avana, chiamata dai coloni Villa de San Cristóbal de la Habana (dal nome indigeno Habana o Abana), diventò la capitale del territorio spagnolo ed una delle città più importanti del Nuovo Mondo, uno dei centri più estesi e significativi dell’America Latina dal punto di vista architettonico. Alla bellezza naturale si aggiunse il genio edile che arriva ai giorni nostri, come manifesto di una capitale fiera di sé stessa. Un mix straordinario di colori e cultura con influenze dal rinascimento italiano fino al brutalismo sovietico. Gli abitanti dell’Avana, “los havaneros” ne vanno particolarmente fieri, da cui il detto «L’Avana è Cuba, il resto è paesaggio».
Per quelli come me, nati all’Avana, è impossibile non portarla sempre e ovunque appresso. Sono cresciuta in questa terra consapevole e fiera della sua bellezza. Da piccola vedevo lo stupore dei turisti e li sentivo tessere le lodi dell’isola: mia madre lavorava nel turismo, settore cruciale per l’economia cubana, e abitavamo in una zona molto frequentata. Pertanto, malgrado l’isolamento degli anni ’60-‘80, la mia famiglia non ne ha mai troppo risentito.
Quando soffiava il vento del nord, che per noi dell’Avana arrivavano le rare giornate “fredde” dei mesi invernali. Dopo aver vissuto in una città con temperature fino a -25°, il freddo cubano mi fa decisamente sorridere! Strano a dirsi ma in casa arrivava anche il segnale della televisione americana che trasmetteva film ma anche pubblicità di prodotti a cui non avevamo nemmeno accesso e che non. Avremmo mai potuto comprare. Ovviamente non lo doveva sapere nessuno e quindi tenevamo il volume della tv volutamente bassissimo nonostante l’assenza di vicini perché casa si trovava in un quartiere – Celimar – a ridosso della prima spiaggia all’Havana dell’Est.
Lo sport è stato un altro modo per sfuggire dall’isolamento cubano. Praticavo il nuoto sincronizzato, un’attività che mi ha anche permesso di viaggiare, a differenza di molti miei coetanei. Non nascondo di essermi sentita anche fortunata perché, in una realtà che agli occhi occidentali appariva come povera e senza prospettive, io riuscivo a dedicarmi a ciò che più mi piaceva al mondo. Sono arrivata in nazionale e, contemporaneamente, ho frequentato l’Università dell’Avana dove mi sono laureata in storia dell’arte.
All’inizio degli anni Novanta ci fu una grande crisi nell’isola, il famoso “periodo especial”, Fidel Castro autorizzò per la prima volta l’emigrazione con qualunque mezzo e senza restrizioni verso gli Stati Uniti. Migliaia di cubani, imbarcandosi con mezzi di fortuna, si buttarono in mare, molti giunsero a destinazione ma non tutti: in troppi purtroppo morirono durante la traversata e questo portò via via ad un ulteriore inasprimento delle relazioni con i vicini del nord. Erano anni in cui gli investimenti italiani erano molto presenti, tanti imprenditori avevano deciso di puntare sull’isola perché, alla luce della forte ondata migratoria verso gli Stati Uniti, erano convinti che oramai il Lider Maximo e il suo sistema di governo avessero le ore contate. Ricordo che provai a spiegare più volte che quest’esito non era per nulla scontato. Tentativi vani: molti erano convinti che avrebbero vissuto un momento storico da raccontare ai nipoti.
Sono passati oltre trent’anni da quei giorni e per i cubani residenti a Cuba nulla è cambiato. I problemi economici sono sempre più gravi. La maggioranza della popolazione è ormai concentrata più sulla propria sopravvivenza quotidiana che sulla speranza di un eventuale cambiamento politico, peraltro, da molti considerato anche rischioso perché temono il ritorno dei cubani americani dalla Florida.
I paesi cosiddetti “amici” oggi non sembrano in grado di aiutare più di tanto e nel frattempo, per diversi motivi, tra i quali anche l’anacronistico embargo statunitense, nessuno ha saputo o potuto creare un’alternativa politica e un valido modello di sviluppo produttivo. Eppure, i cubani sono noti per la loro intraprendenza e per il loro coraggio, doto che hanno permesso alla popolazione di affrontare anche gli anni più duri. Basterebbe aprire coraggiosamente all’iniziativa privata per cominciare un nuovo percorso.
La più grande delle Antille, con la sua splendida Avana, è pronta a fare questo passo: i cubani, malgrado le disparità e le distanze (non solo fisiche) che li separano, sono pronti ad accogliere il cambiamento così come hanno sempre accolto i turisti. Con un sorriso e con il calore riservato a un amico perso di vista ma sempre nel cuore.
Desirée Nieves

Nata all’Avana. È laureata in Storia dell’Arte all’Università dell’Avana. Ha praticato sport a livello agonistico avendo fatto parte della nazionale cubana di nuoto sincronizzato. Ha un figlio e un marito che ha seguito nelle sue missioni all’estero.
Diventa poi imprenditrice agricola, attualmente è presidente Confagricoltura Donna Viterbo Rieti e vicepresidente Confagricoltura Donna Lazio.



