La personalità è un diritto da difendere. Parola di Yvonne De Rosa

di Lavinia Coppola De Nicolo

Napoletana, fotografa di successo, vincitrice del “Women International Prize in Photography” e del primo premio in “Fine Art Landscapes” del prestigioso International Photography Awards. All’attivo di Yvonne De Rosa figurano anche due libri e l’apertura dei “Magazzini Fotografici”, spazio partenopeo interamente dedicato alla fotografia d’autore (italiana e non), di cui è titolare. Una donna poliedrica e vivace nella vita professionale che è riuscita a mantenere nel più stretto riserbo quella privata. De Rosa è infatti legata da anni, a Roberto Fico, presidente della Camera dei Deputati. Per lei finora hanno sempre e soltanto parlato le fotografie, ovvero il suo personalissimo modo di “prendere posizione sulla vita e sul Mondo”.

Avremmo voluto incontrarla nella sua Napoli, ma siamo purtroppo costrette a utilizzare un altro “zoom”, quello virtuale, che nulla ha da spartire con una macchina fotografica. Ce lo siamo fatti bastare, convinte che “quando c’è personalità c’è tutto”. Non ci siamo sbagliate …

Una Laurea in Scienze Politiche e poi la trasferta a Londra, per studiare fotografia: perché nasce Yvonne fotografa e come si è evoluta la sua visione del mondo attraverso una lente?

Non vengo da una famiglia di fotografi professionisti, ma mio nonno prima, e mia madre poi, mi hanno trasmesso la loro passione per quest’arte. Mamma s’impegnò ad un certo momento a farmi dei ritratti, per cui inizialmente c’è stato in me un collegamento fra la fotografia e l’interesse, e anche l’affetto, per la persona ritratta, un modo di avere ricordi indelebili di persone e situazioni. Non pensavo potesse diventare il mio lavoro e, infatti, mi sono laureata con una tesi sperimentale sul Tribunale della Santa Inquisizione. E’ stata un’esperienza comunque molto formativa, perché mi ha dato gli strumenti, il metodo di ricerca e di studio che sono estremamente importanti per chi si occupa di Fine Arts. L’aver frequentato, poi, a Londra un master in fotografia, segna il passaggio alla fotografia come linguaggio di espressione. In seguito ho anche conseguito un master in fotogiornalismo, che mi ha dato modo di capire quanto sia importante conciliare etica e libertà di opinione e di cronaca.

Il grande Antoine d’Agata sosteneva che la fotografia non ha nulla a che fare con l’arte del guardare che è ciò che normalmente la gente intende per fotografia artistica. “La fotografia – ha detto – è l’arte del prendere posizione, l’arte dell’azione”. Sei d’accordo? C’è un distacco puramente estetico in uno scatto?

In qualsiasi modo s’intenda la fotografia, dietro c’è sempre una presa di posizione. Oggi è  finita l‘era della fotografia come ricerca puramente estetica, perché ormai qualsiasi telefonino sopperisce alla mancanza tecnica di chi scatta. Oggi il fotografo professionista deve invece andare avanti sulla comprensione e lo studio dell’immagine: la sua presa di posizione diventa sempre più importante, proprio perché la tecnica lo diventa sempre meno.

L’immagine è preverbale, per un istinto ancestrale viene letta in maniera inconscia e profonda: non leggiamo nella foto quello che dice il fotografo, ma proiettiamo nella foto il nostro vissuto, e quindi quello che vediamo. Un’affermazione chiara e completa da parte del fotografo ti aiuta nel viaggio, ma il viaggio che si fa attraverso la foto è sempre molto personale. La fotografia diventa sempre più importante anche perché si sta perdendo il valore della lettura del testo. Non voglio dare a questo fatto un’accezione negativa o positiva, ma solo sottolineare quanto sia sempre più cruciale la gestione e l’utilizzo del mezzo fotografico.

I social come Instagram o Tik Tok vengono utilizzati soprattutto dai più giovani più per guardare loro stessi che per interagire col prossimo. I fotografi potrebbero avere un ruolo nell’insegnar loro a guardare al di fuori del proprio specchio?

Chi ha visto nascere i social li ha utilizzati come una finestra sul mondo, mentre i ragazzi, nati quando i social già esistevano si sono approcciati ad essi in modo estremamente naturale, utilizzandoli da subito puramente come mezzi di espressione. Questo tuttavia ha anche portato al livellamento verso il basso delle modalità con le quali si esprimono: prendere dei “like” su Tik Tok, postando video in cui si compiono azioni semplici, facilmente imitabili da chiunque, fa sentire parte di un gruppo, cosa cui fin da piccoli aspiriamo tutti, crea una falsa sensazione di amicizia e di appartenenza.  È nostra responsabilità rendere loro l’altro pezzo, cioè la curiosità verso l’altro, verso altre culture, verso le problematiche della nostra società, evitando l’omologazione e aiutandoli a volgere lo sguardo verso la realtà. Io però ho molta fiducia nelle nuove generazioni, perché sono ben capaci di approcciarsi criticamente a questi fenomeni e anche noi, poi, dovremmo imparare a utilizzare bene questi mezzi e non solo il “vecchio” Facebook che una volta era una finestra sul mondo e ora invece è ugualmente autoreferenziale: una finestra su una “bolla” che ci siamo creati nel tempo!

Lo spazio espositivo di “Magazzini Fotografici”, è diventato una realtà di richiamo: tu l’hai voluto e l’hai fondato: perché?

I Magazzini Fotografici sono un presidio. Sognavo di realizzare qualcosa di bello nella mia città e questo spazio, una fabbrica abbandonata, è diventato il luogo dove ci si incontra, si discute, si condividono le esperienze, si presentano giovani autori, si tenta di piantare il seme di attività che dovrebbero essere promosse in un centro storico. Qualcosa di positivo e non profit, che possa ampliare gli orizzonti culturali. Qui l’appassionato non è visto come cliente e non è oggetto di sfruttamento economico, ma è una persona che vogliamo arricchire, regalandogli una mostra o il progetto di un giovane fotografo e dandogli la possibilità di consultare libri di fotografia e altri materiali.

Il fatto di condividere la tua vita con la terza carica dello Stato senza voler apparire, è piuttosto controcorrente in Italia, dove sembra difficile stabilire una netta autonomia identitaria e professionale quando si è al fianco di personalità pubbliche. Sottrarsi ai riflettori è stata, nel tuo caso, una scelta consapevole?

La mia vita lavorativa è cominciata molto prima della mia storia sentimentale e le circostanze derivanti dalla discesa in politica di Roberto non hanno modificato quello che faccio, al limite mi hanno posto qualche difficoltà in più: il metro di giudizio dell’opinione pubblica spesso tende a semplificare, cioè a identificare le persone, anche quelle che hanno una loro autonomia lavorativa, all’interno di particolari categorie – vedi la consorte di un diplomatico, quella del leader politico, o il partner di una star dello spettacolo – questo fatto rischia di mettere in discussione anche la propria professionalità se non l’identità stessa della persona. Il fatto di non cercare visibilità mediatica, poi, nel mio caso, non è stato una “tattica”: ognuno, se è fortunato, vive la vita come sente di farlo e io sono così, e mi comporto di conseguenza. Io e Roberto, poi, non siamo sposati e questo mi pone, almeno in parte, al di fuori di “certe logiche”. La tendenza ad essere considerata un’appendice, infatti,  comunque c’è: non capita mai che, durante un’intervista a Roberto, venga chiesto come ci si sente ad essere il compagno di Yvonne De Rosa, anche se potrebbe essere una domanda interessante!

Ovviamente lui è un personaggio pubblico e io non lo sono né voglio esserlo. Per questo m’interessa, da sempre, che il mio lavoro emerga ben più di me…Che raggiunga il maggior numero di persone e che prevalga – se così si può dire – rispetto la mia persona.

In campo professionale c’è qualcuno che ti ha particolarmente ispirato, un “Maestro” o una personalità che senti di dover in particolare ringraziare?

Non mi sento ancora “arrivata” e quindi non ho ancora questo tipo di consapevolezza. Ho ancora voglia di imparare e continuo ad incontrare persone che mi danno ognuno un pezzo della loro conoscenza o della loro esperienza. E non parlo necessariamente di altri fotografi. A questo processo di crescita partecipano tutte le persone che fanno parte della mia vita: i miei genitori, mia figlia, le persone che incontro, in un percorso che non si ferma. Finché sei vivo, cresci.

Lavinia Coppola De Nicolo

Dottore commercialista e revisore contabile, lascia Napoli e la professione per seguire il marito funzionario diplomatico in giro per il mondo. Mamma di due ragazze, appassionata di sport (equitazione in particolare), di musica, di cinema, di arti figurative e accanita lettrice, dal 2017 è membro del Direttivo ed è stata riconfermata in un secondo mandato nella carica di tesoriere.

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