Expo Dubai, un successo del “Made in Italy” oltre ai numeri

 

E’ stata la prima Esposizione Universale “ibrida” della storia, con un calendario eventi in presenza e da remoto. Ma anche quella che ha dovuto fare i conti, in dirittura d’arrivo, con lo scoppio di una guerra alle porte dell’Europa dopo esser stata rimandata di oltre un anno a causa della pandemia.

Nonostante il percorso a ostacoli imposto dal Coronavirus, l’impatto della crisi energetica sul comparto turistico e le tensioni internazionali provocate dal conflitto in Ucraina, Expo 2020 Dubai è incredibilmente stato un successo. Tanto per l’immagine del nostro Paese, quanto per quella degli Emirati Arabi Uniti che con l’Expo – tutti concordano – hanno vinto la loro scommessa: ottenere una visibilità globale (operazione non scontata per il primo paese arabo ad ospitare l’Esposizione) e realizzare il sogno di portare il mondo a Dubai e negli Emirati. In termini di presenze, quest’edizione ha addirittura superato i già lusinghieri risultati registrati a Milano nel 2015, con quasi 24 milioni di ingressi e 200 milioni di visitatori virtuali in 182 giorni di eventi. La “prova provata” che per questa manifestazione, checche’ ne dicano i suoi detrattori, non è ancora arrivato il tempo di andare in pensione. L’Expo, se ben gestita e organizzata, può infatti diventare un’operazione di soft power di cruciale importanza per paesi che hanno grandi ambizioni e risorse commisurate da investire.

Connecting Minds, Creating the Future, il tema della kermesse emiratina, con circa 30mila eventi in calendario e un fitto programma d’incontri sull’Agenda 2030, ha entusiasmato il pubblico oltre qualsiasi attesa. Sia perché ha offerto ai paesi partecipanti una vetrina di prestigio assoluto in un paese giovane e in forte crescita dell’area del Golfo. Sia perché, dopo i lockdown, è stata la prima opportunità concreta per riflettere sul futuro del pianeta e superare l’esperienza della pandemia gettando le basi per un’economia globale più sostenibile e rispettosa.

E per il nostro paese com’è andata?

Nonostante la difficile congiuntura, Expo 2020 Dubai è stato anche per il Sistema Italia l’evento di maggior impatto globale. Un successo che, a detta degli organizzatori, avrà ricadute di lungo periodo ben oltre i numeri registrati nel semestre: più di un milione e 600mila visitatori in presenza per il Padiglione Italia che è anche stato percorso virtualmente da 13 milioni di utenti da tutto il mondo. L’Italia, a dire il vero, non figura nella classifica dei primi dieci paesi che hanno visitato Dubai in occasione dell’Expo, una top-10 guidata da India, Germania e Arabia Saudita ma forse è proprio per questo che i risultati ottenuti sono ancora più importanti: è stata la platea internazionale a decretare il successo del nostro slogan identitario “La Bellezza unisce le Persone” e a ritenere che il matrimonio tra innovazione e tradizione, tra sostenibilità e creatività, sia stato celebrato nel nostro Padiglione meglio che negli altri. E così la costruzione avveniristica progettata da Carlo Ratti, Italo Rota, Matteo Gatto e F&M Ingegneria si è aggiudicata a fine manifestazione una serie di riconoscimenti: come miglior Padiglione agli Innovates Awards degli Emirati Arabi Uniti per la migliore innovazione finalizzata alla sostenibilità, e come miglior progetto imprenditoriale dell’anno ai Construction Innovation Awards, premio anche questo assegnato dal governo di Abu Dhabi. L’Italia ottiene infine un bronzo per la “miglior interpretazione del tema” dal Bureau International des Expositions (BIE), un premio all’unicità del percorso espositivo proposto attorno alla straordinaria riproduzione in 3D del David di Michelangelo, indiscutibilmente una delle attrazioni più ammirate di tutto l’Expo e raccontate dai media internazionali.

Con 70 partner istituzionali, oltre 50 imprese sponsor, 15 Regioni e una trentina di università che hanno aderito alla manifestazione e promosso eventi, Dubai è stata indubbiamente, come ha riconosciuto il ministro degli esteri Luigi Di Maio, “un’occasione unica per valorizzare le nostre innovazioni tecnologiche, sviluppare partnership strategiche, promuovere opportunità di investimenti esteri e nuove collaborazioni tra le nostre imprese e le istituzioni accademiche e scientifiche del mondo”. Molto si deve all’approccio (radicalmente ripensato) che ha ispirato la partecipazione italiana all’Expo e che ha visto in prima linea anche le PMI, le Regioni e gli atenei come promotori d’innovazione. Non più piegati ai diktat del marketing territoriale e della promozione locale, ma attori inseriti a pieno titolo nella doppia transizione – digitale e “green” – avviata nel nostro Paese.

Secondo studi del Politecnico di Milano diffusi nel 2019, prima della pandemia, le ricadute economiche derivanti dalla partecipazione delle imprese italiane a Expo Dubai sarebbero quantificabili in almeno 1,5 miliardi di euro fino al 2025, sulla scia dell’aumentato export di Made in Italy e della capacità di attrarre flussi turistici e investimenti da nuovi paesi. Una stima che risente della geopolitica e dell’economia: gli Emirati sono un mercato in crescita ma anche un paese chiave della vastissima regione del MEASA (Medio Oriente, Africa e Asia del Sud) la zona del mondo dove il potere d’acquisto della classe media è in più rapida ascesa e dove, anche nei prossimi anni, si dovrebbero registrare i tassi di crescita più sostenuti a livello globale.

I tempi non sono maturi per valutare quanto effettivamente il Made in Italy beneficerà del semestre. I dati finora hanno però confermato l’iniziale ottimismo: anche grazie a Dubai, l’export italiano alla fine del 2021aveva raggiunto e superato i livelli pre-Covid, con picchi di crescita (di oltre il 60%) registrati non a caso proprio in mercati “nuovi” e sempre più strategici come quello emiratino. Stupisce positivamente anche il fatto che il Padiglione italiano sia stato menzionato oltre 6mila volte in articoli pubblicati da testate online di tutto il mondo. Un’esposizione mediatica che non considera le migliaia di citazioni su carta stampata e radio Tv eppure, in termini pubblicitari, ha già un valore di oltre 50 milioni di euro. Meglio di noi hanno fatto soltanto gli Stati Uniti e, ovviamente, i padroni di casa, gli EAU.

Dati come questi suggeriscono che il lascito di Expo Dubai è importante e faremmo bene a sfruttarlo fino in fondo, per esempio giocando sin d’ora le nostre carte migliori sulla candidatura di Roma per l’Esposizione Universale del 2030. Secondo Giuseppe Scognamiglio, presidente del Circolo degli Esteri e direttore generale del comitato per la candidatura della Capitale, “sarebbe un’opportunità di rilancio internazionale senza precedenti”, l’occasione a lungo attesa per completare opere pubbliche, progetti di rigenerazione urbana e altri interventi cruciali (per esempio nel settore della mobilità) rimasti in sospeso per anni.

Sarà una partita lunga e complessa. Ma dopo Dubai e Osaka, nel 2025, l’Italia potrebbe avere un’altra buona mano di carte per vincerla.

Redazione
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