Dalla parte dei minori. Nasce il primo network accademico internazionale a tutela dei bambini soldato

di Anna Orlandi Contucci – Iannuzzi

Quello che consideriamo assodato per i nostri bambini, cioè avviarli verso uno sviluppo equilibrato e armonioso, attraverso la vita in famiglia, la scuola, lo sport e la socializzazione, sul cammino per diventare adulti, è invece assolutamente negato agli oltre 250mila bambini che, si stima, siano oggi impegnati in modo attivo in conflitti armati.

Complice l’emergenza pandemica, numeri impressionanti come questi passano in sordina, benché coinvolgano gruppi socialmente più deboli come i minori che oggi sono schiavi e vittime degli interessi di gruppi armati. Con la paura e la manipolazione li obbligano ad una vita senza infanzia, li costringono a combattere, a lavorare, a fornire prestazioni sessuali, a trasportare droga e a compiere ogni sorta di violenze. Si tratta di un fenomeno globale che accompagna le situazioni di conflitto in corso nel mondo: nel Continente africano (Repubblica Centro Africana, Mali, Nigeria, Sud-Sudan, Libia, Somalia) in Medio Oriente (Yemen e Siria) in America (Colombia, Ecuador, Nicaragua) e altrove ancora. Un lungo elenco di paesi dai quali è difficile sottrarre al loro destino questi minori spesso rapiti con la forza, indottrinati e “convinti alla violenza”, nel totale annullamento della loro personalità di bambini. Le Nazioni Unite parlano di 14 paesi in cui oggi è ancora massiccio l’arruolamento di bambini-soldato. Molti gli strumenti giuridici internazionali emanati negli anni a difesa dei bambini coinvolti nei conflitti: dalle Convenzioni di Ginevra (1949) – la Convention on the Rights of the Child (1989) – la Beijing Declaration and Platform for Action (1995) – fino alla Risoluzione 1325 del 2000 e al Protocollo Opzionale alla CRC sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, di cui lo scorso anno è decorso il 20mo anniversario.

A seguito dell’anniversario, forti di un nuovo input, anche il mondo accademico internazionale è sceso in campo per schierarsi dalla parte dei minori. E’ nato così il primo International Universities Network for Children in Armed Conflicts (UNETCHAC) che in pochi mesi ha riunito una quarantina di partner tra Università e centri di ricerca – di Paesi Ue, dell’Area Balcanica, Africa, Nord America, America Latina e Medio Oriente – per affiancarsi con approfondimenti e analisi specifiche alle Nazioni Unite, alla Croce Rossa Internazionale, agli Organismi internazionali e alle ONG che operano sul campo. Lo scopo è migliorare la protezione sociale e legale dei bambini e delle bambine coinvolti in conflitti armati, e contribuire così alla realizzazione concreta dell’obiettivo n. 17 di “sviluppo sostenibile” che si è prefissato l’ONU per il 2030: adottare misure efficaci per garantire l’eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile, incluso l’odioso sfruttamento dei bambini-soldato.

UNETCHAC è un network accademico di grandi dimensioni, che ha debuttato lo scorso 16 novembre, con la Conferenza Giving Hopes to Girl Children in Armed Conflict, organizzata dall’Università di Perugia, in partenariato con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” e con il sostegno del MAE. La Conferenza nei vari panel ha visto la partecipazione di numerosi esperti giuridici internazionali, assieme a Marina Sereni, già Viceministro degli Affari esteri, e Virginia Gamba, Rappresentante Speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per i bambini e i conflitti armati. L’approfondimento promosso da UNETCHAC è durato una settimana e si è concluso con una Conferenza finale durante la quale sono state tracciate le future finalità operative della rete.

Laura Guercio, impegnata in prima persona nella realizzazione di questo nuovo progetto e attualmente membro del suo Comitato organizzativo, ci ha aiutato a capire il lavoro e gli obiettivi di UNETCHAC.

PROF. LAURA GUERCIO

Su quale impulso è nato il Network e quali finalità si propone?

Il mondo universitario si rivolge ai giovani ed è con i giovani. È una realtà composta da tanti microcosmi, in cui le varie istituzioni accademiche studiano e sperimentano modelli di vita per i giovani, per renderli protagonisti principali nella elaborazione di idee, che garantiscano un domani il rispetto dell’altro, la pace e la sicurezza internazionale. Nella consapevolezza del ruolo fondamentale delle comunità accademiche, è nata l’idea di UNETCHAC. Costituito con il supporto del Ministero degli Affari Esteri Italiano, il Network si offre come un nuovo strumento internazionale, un moltiplicatore di forze, per prevenire e combattere le molteplici violazioni dei diritti dei bambini nelle situazioni di conflitto armato. Con tale obiettivo la rete accademica sta orientando il proprio lavoro su ricerche e programmi di formazione, che incidano non solo in teoria, ma soprattutto in pratica sulla società, per contribuire e garantire un futuro di speranza ai bambini coinvolti nei conflitti armati. Gli strumenti giuridici internazionali sono tanti e dimostrano il profondo impegno internazionale nel proteggere i diritti dei bambini e delle bambine e prevenire violazioni nei loro confronti. Tuttavia, i dati sono ancora preoccupanti. L’ultimo Rapporto annuale, dello Speciale Rappresentante dell’ONU per i bambini ed i Conflitti armati nel mondo, evidenzia che nel 2018 si sono registrati circa 25 mila gravi violazioni contro i bambini. Uccisioni, mutilazioni, violenze sessuali, reclutamenti forzati, sfruttamento come soldati e anche obbligo a compiere attacchi contro scuole o ospedali, cui si aggiungono il sequestro e l’impossibilità di ricevere assistenza sanitaria. E moltissimi sono i casi che non si riescono ancora a rilevare per le difficoltà di accesso che incontrano on the field le organizzazioni umanitarie. Occorre pertanto promuovere “l’attuazione pratica” di tutte quelle norme di diritto internazionale stabilite a tutela dei soggetti deboli, che vivono situazioni di conflitto armato. Questo è l’obiettivo di UNETCHAC: dare sostegno e contributo attraverso il confronto e l’affiancamento agli attori internazionali e nazionali impegnati in tale settore. Il Network si è anche confrontato con la società civile, le realtà che lavorano sul territorio, tra cui la ICRC, la Global Coalition to Protect Education from Attack e Save the Children. La capacità di fare sistema è il segreto per un’azione efficace ed è con questo spirito che UNETCHAC intende portare avanti le proprie attività, consapevole delle proprie competenze, ma anche delle proprie non competenze per le quali occorre interagire con gli appropriati interlocutori.

L’educazione e la formazione alla pace saranno oggetto di ricerca da parte di UNETCHAC in vista della IV Conferenza internazionale sulle Scuole sicure, prevista ad Abuja in Nigeria? 

Il diritto all’educazione è un diritto umano indispensabile, volto a garantire gli strumenti necessari affinché la persona possa acquisire consapevolezza della propria dignità e titolarità dei propri diritti fondamentali. Attraverso lo strumento dell’educazione ogni individuo può diventare protagonista delle proprie scelte e liberarsi da stigmatizzazioni, pregiudizi e paure, che sono alla base dei conflitti sociali e delle guerre. Negare o limitare il diritto all’educazione non è solo un danno per la persona, ma per lo sviluppo dell’intera comunità umana. Dall’adozione della Dichiarazione Universale dei diritti Umani, molteplici trattati a livello internazionale hanno riaffermato il diritto all’educazione, ma questo diritto è spesso drammaticamente negato nei Paesi colpiti da conflitti armati. Secondo recenti stime, tra il 2015 e il 2019 ci sono state almeno 11.000 segnalazioni di attacchi a studenti, insegnanti, scuole e università o di uso militare di strutture educative. Questi incidenti hanno danneggiato oltre 22.000 persone tra studenti, insegnanti e personale educativo. La situazione è peggiorata con il COVID-19 che, se ha impedito a studenti e insegnanti di incontrarsi in classe, non ha potuto impedire alle forze armate o ai gruppi armati di attaccare le scuole. Tali azioni costituiscono non solo una violazione dell’art. 38 della Convenzione sui diritti dei bambini, ma anche una violazione del diritto internazionale umanitario e del diritto penale: in quanto si configurano come crimini di guerra, con riferimento ai Regolamenti dell’Aia del 1907, alle Convenzioni di Ginevra (1949) ed ai loro Protocolli aggiuntivi.

UNETCHA ritiene importante lavorare anche su questo tema e dare il suo contributo per l’attuazione sempre più effettiva della Safe School Declaration e rafforzare la protezione dell’istruzione e degli istituti scolastici dagli attacchi militari. Ad oggi 106 Stati hanno aderito a tale documento intergovernativo, tra cui l’Italia che ne è forte sostenitrice. In occasione della IV Conferenza sulla Safe School Declaration, l’impegno del Network è di promuovere l’elaborazione di un Manuale sulla attuazione dei principi di questa dichiarazione. Questo per offrire a studenti e docenti del mondo accademico gli strumenti necessari per affrontare le situazioni di attacchi militari contro le scuole e le situazioni difficili (psicologiche e fisiche) che ne derivano. Il lavoro verrà svolto da accademici di diversi settori scientifici e rappresentanti di diverse università del Network, incluso ovviamente un importante numero di università della Nigeria.

L’educazione non deve essere intesa come un “lusso” durante le situazioni di conflitto armato: anzi proprio in queste realtà l’educazione deve essere regolarmente garantita, per insegnare ai bambini comportamenti che li aiutino a proteggersi e ad acquisire conoscenze cruciali per sopravvivere. Quindi educazione sanitaria, educazione alla pace e alla sicurezza personale per fornire ai futuri protagonisti della nostra società gli strumenti necessari per continuare a credere nei rapporti umani ed in realtà di pace.

UNETCHAC pensa di riuscire ad allargare ladesione alla sua rete anche a quelle Università dove la studio dei diritti dei bambini e dei diritti umani non è previsto?

È proprio a questo che dobbiamo arrivare: fare sì che le tematiche che condividiamo ed approfondiamo abbiano sempre più spazi nei diversi percorsi di studio, non solo in quelli giuridici volti all’ insegnamento del diritto internazionale, dei diritti umani o ovviamente del diritto internazionale umanitario, ma anche in quelli medici, sociologici e statistici. UNETCHAC è una collaborazione tra rappresentanti accademici di discipline diverse e provenienti da realtà accademiche di aree geografiche e culturali differenti. Questa multidimensionalità può consentirci di creare “ponti” tra attività di ricerca, di approfondimento e progetti scientifici e renderli maggiormente sensibili alle necessità della comunità sociale. In questo è fondamentale coinvolgere ulteriori centri di studio e di ricerca che, se pur distaccati dalle realtà accademiche, possono impegnarsi assieme ad esse per sensibilizzare la società sul dramma dei bambini coinvolti in conflitti armati. In tal senso il Network sta sviluppando anche rapporti con istituti para universitari di Musica ed Arte, valutando la possibilità di sviluppo di attività artistiche, che ruotino attorno alla canzone del Network Let them play with their dreams/Lasciamoli giocare con i loro sogni. La musica, l’arte in genere, è un linguaggio universale proprio come quello dei diritti umani ed è un veicolo importante di conoscenza e sensibilizzazione. Unire l’arte alla tutela dei diritti dei bambini coinvolti nei conflitti armati è la nostra idea, per cui vorremmo arrivare ad organizzare in questa direzione mostre, concerti e altre esibizioni artistiche. Per terminare con una metafora: il lavoro sui diritti dei bambini in situazione di guerra, come sui diritti umani in genere, deve essere visto come l’immenso lavoro di sintesi e sintonia dei musicisti di un’orchestra sinfonica. L’apporto di ogni singolo, sia appartenente a istituzioni, a realtà della società civile o al mondo accademico, deve coordinarsi con quello degli altri per la realizzazione della più bella delle opere: garantire il rispetto dei diritti dei bambini e di tutti gli esseri umani.”

Come ribadito nell’ultima edizione dei MED Dialogues di Roma, la firma e la ratifica delle convenzioni internazionali nei casi di grave crisi umanitaria rischiano di non essere sufficienti per cambiare la vita dei minori coinvolti nei conflitti armati, servono invece “azioni pratiche e tangibili”. E noi, con ACDMAE, non possiamo che auspicare che proprio su questo terreno UNETCHAC faccia la differenza.


I numeri di una tragedia:
Secondo l’ultimo Rapporto annuale del Segretario Generale dell’ONU su minori e conflitti armati, tra luglio 2019 e Agosto 2020, sono state commesse 25mila violazioni contri i bambini, tra cui:
4.400 negazioni all’accesso di aiuti umanitari;
927 attacchi a scuole e ospedali;
735 casi di violenza sessuale;
Dal 2010 al 2020 più di 90mila minori sono morti in zone di guerriglia, con un’incidenza di circa 25 bambini al giorno.
I dati del Rappresentante Speciale del SG dell’ONU per i Bambini e i conflitti Armati indicano che solo nel 2018 si sono verificate almeno 24mila violazioni su minori in 20 situazioni di conflitti di questi:
12mila bambini almeno sono stati uccisi o mutilati in azioni di combattimento oppure in incidenti di fuoco incrociato;
933 episodi di violenza sessuale contro ragazzi e ragazze, numero tuttora sottostimato
2.500 casi di minori rapiti;
1056 attacchi contro scuole;
Sensibilmente aumentati a livello globale anche i casi di accesso negato all’istruzione: solo in Mali 827 scuole sono state chiuse alla fine di dicembre 2018 impedendo a 244.000 bambini di accedere all’istruzione;
Fonte: Dati del meccanismo di monitoraggio MRM degli ultimi 15 anni disponibili su https://www.unicef.it/media/minori-e-guerre-henrietta-fore-unicef-bambini-non-sono-merce-di-scambio/
Informazioni su UNETCHAC, Universities Network for Children in Armed Conflict
Facebook: https://www.facebook.com/Network092020/
Twitter: https://twitter.com/UniversitiesNe1

 

Anna Orlandi Contucci – Iannuzzi

Dopo la Laurea in Economia e Commercio alla Luiss di Roma, ha lavorato per dieci anni in una società finanziaria. Si specializza successivamente in tutela dei diritti dei minori mettendo in pratica le proprie competenze presso l’Area Diritti dei bambini del Comitato italiano per l’Unicef. Ha anche collaborato con il desk “Ascolto” del Centro Sociale Vincenziano Onlus a sostegno delle persone in difficoltà, e lavorato fino l’anno scorso alla sede romana dell’Ufficio del Grande Ospedaliere del Sovrano Ordine di Malta. Oggi vive a Montevideo col marito, Ambasciatore italiano in Uruguay.

2 Commenti
  1. Sono realtà spesso dimenticate e poco conosciute. Sono dati allarmanti per il XXI secolo , difficili definirci paesi sviluppati quando esistono fenomeni simili. Grazie Anna per il tuo impegno sempre fattivo

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