Praga

di Nicole Ludwig Nicolaci

Capita, a volte, che quando dico di essere ceca le persone mi rispondano: “Ah, bene”. Se invece specifico, con un leggero lampo di orgoglio nel mio sguardo, di essere di Praga, la risposta è sempre un estatico: “No! Ma che bello! Praga è bellissima.”

Si, indubbiamente questa piccola perla nel cuore d’Europa è bellissima. Chi ha avuto modo di visitarla, avrà sicuramente ammirato il famoso panorama incorniciato dal castello di Praga, i suoi tesori architettonici, conservati e custoditi sin dal medioevo, e respirato l’atmosfera magica nelle sue piccole vie romantiche. Forse avrà attraversato il Ponte Carlo e ammirato quel centro storico dove il tempo si è pietrificato in splendide architetture e il barocco abbraccia il gotico. Per poi concludere la sua visita con una buona birra fresca e un gustoso piatto di Gulasch, che in realtà appartiene più alla tradizione ungherese, ma che i cechi hanno adottato con amore e integrato tanto tempo fa nella loro cucina boema.

Ma se Praga è conosciuta in tutto il mondo, il resto della Repubblica Ceca è meno noto al grande pubblico. Non c’è troppo da sorprendersi se la Repubblica Ceca sembra risolversi e coincidere totalmente con la sua Capitale. Questo piccolo Paese come lo conosciamo oggi ha riconquistato la sua sovranità solo trent’anni fa, in seguito alla rivoluzione di velluto del 1989. E non è passato ancora molto tempo da quando la Cechia si è poi separata dalla sua sorellina piccola, la Slovacchia, diventando quella Repubblica che è oggi.

La vecchia Cecoslovacchia era nata dopo la prima guerra mondiale sulle ceneri dell’Impero austro-ungarico. Con il suo primo presidente, Tomáš Garyk Massaryk, il giovane Paese, che dell’Impero era stato il cuore pulsante, economico e industriale, iniziava per la prima volta a definire una sua autonoma identità politica, sociale e linguistica, costruendo se stesso sulla grande eredità della cultura austro-ungarica. Praga ne divenne la capitale, riprendendo il suo ruolo di importante luogo di scambio culturale e commerciale, che aveva avuto già dal basso Medioevo. Nel contesto della nascita della vecchia Cecoslovacchia fu l’Italia uno dei primi Paesi a stabilire nel 1919 relazioni diplomatiche con la giovane Repubblica.

Questi primi anni della Prima Repubblica furono i tempi di una fioritura generale – l’autoaffermazione del Paese si percepiva fortemente nella produzione letteraria e nella linguistica. E non solo per chi scriveva in ceco, ma anche per chi pensava in tedesco era un periodo di grande creatività: Erano i tempi di Kafka che scriveva i suoi racconti, guardando i mille tetti della città d’oro, come Praga viene chiamata fino ad oggi. Ed erano anche i tempi di Edmund Husserl, noto filosofo tedesco di cultura ebraica, che ha trascorso la sua infanzia nella campagna della Moravia, la regione orientale e anima industriale del paese con le sue colline verdi, dove si coltiva del vino.

Ma la costruzione dell’identità sovrana della nazione è stata bruscamente interrotta – quando la Cecoslovacchia si è ritrovata in mezzo alla centrifuga degli avvenimenti storici: prima il Protettorato nazista della Boemia e Moravia, con la Slovacchia ridotta a stato satellite del “terzo Reich” ha distrutto tutto ciò che la giovane Repubblica si era costruita solo pochi decenni prima.

E poi il regime sovietico, che ha imposto un nuovo ordine nella terra cecoslovacca. Dalla fioritura della Prima Repubblica non rimaneva altro che un nostalgico ricordo che soffiava come un leggero venticello nelle stradine del centro praghese. Ma da un venticello può nascere una tempesta, e la ricerca della libertà umana può diventare più forte che le catene di un regime. Infatti, Praga ha dimostrato nel suo percorso della storia recente proprio questo.

Non si possono dimenticare le immagini della primavera praghese nel 1968 quando tutto il mondo guardava con occhi increduli i tentativi della giovane generazione cecoslovacca di trasformare il socialismo reale in un “socialismo dal volto umano.” “Dubček! Svoboda! (Dubcek! Libertà!)”, esclamavano i giovani praghesi, che erano scesi in piazza, creando con il loro entusiasmo un’onda pacifica in tutta la patria cecoslovacca. Questo entusiasmo era però ingenuo e tutto questo sogno di libertà fu spezzato nell’agosto di quell’anno, quando i carri armati del patto di Varsavia hanno invaso Praga, trasformando le speranze di intere generazioni – parlo della generazione di mia nonna, ma anche di quella di mia madre – in un incubo. Un incubo, che Mosca chiamava il periodo della “normalizzazione”: il sistema era diventato ancora più restrittivo, Praga era diventata molto più grigia e meno bella. L’atmosfera di quel periodo ha colto il nostro famoso “poeta con la chitarra”, Karel Kryl, che dall’esilio a Monaco ha scritto la sua canzone “Sua eccellenza, il carnefice”, creando un ricordo musicale e poetico della percezione e della realtà, di quello che doveva essere la vita vera di chi come lui soffriva la mancanza di una vita libera: “Fu terribile questo stato […], quando hanno vietato di scrivere, quando hanno vietato di cantare […] e hanno costretto i bambini a pregare come lo desiderava Sua eccellenza, il carnefice.” Solo chi alzava gli occhi verso il cielo e guardava oltre il grigio che ha portato il regime sovietico, poteva nutrire dentro di sé la speranza che un bel giorno sarebbe cambiato tutto e Praga sarebbe tornata a ciò che da secoli era destinata ad essere: una perla storica della Mitteleuropa. Un’anima slava con una forte eredità austro-ungarica.

Ci volevano ancora decenni, prima che il tempo fosse maturo per la rivoluzione di velluto del 1989. Quando i praghesi sono scesi allora di nuovo in piazza, “cantavano” questa volta facendo tintinnare le chiavi che avevano in mano per dare il benvenuto alla nuova era di libertà. Praga iniziava a riguadagnare la sua fierezza e la sua dignità, che espandeva sul resto del paese. Václav Havel – intellettuale, dissidente-pensatore, divenne il nuovo presidente della repubblica libera. Il suo volto era un simbolo per la nuova epoca.  La capitale, come tutto il paese era molto provata dal lungo periodo restrittivo, e i primi anni subito dopo la caduta della cortina di ferro erano segnati da un riordinamento sociale e da una riscoperta politica ed economica. I primi anni novanta furono anche un periodo, in cui il paese divenne una specie di “el-doradro” per gli avventurieri dell’ovest e dell’est. Tantissime nuove imprese spuntavano come dei funghi dalla terra, tante persone si ri-inventavano nel nuovo mondo della libertà, che avevano sperato di vivere da così lungo tempo. Si poteva percepire una certa ingenuità in questi primi anni, causata –  tra i tanti altri fattori – dalla lunga attesa della democrazia e della propria identità nazionale, la quale era cercata in maniera così avida. L’espressione di questa ricerca della propria identità in quanto nazione e in quanto popolo si è manifestata nel 1992 nella separazione dalla Slovacchia. Soltanto da quel momento abbiamo fatto conoscenza di due nuovi paesi, che ancora sono in una fase di consolidamento – ormai ben avviato – della propria specifica identità e affermazione davanti agli occhi del grande pubblico: la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca. Ma tra Praga e Bratislava rimane comunque una amicizia storica, un legame di famiglia e un’unità nella diversità della cultura mitteleuropea.

E così Praga è oggi una capitale che tanti amano: è una città tornata ad essere di nuovo splendida, ricca di storia e piena di ricordi, che fieramente abbraccia il suo stato finalmente autonomo. La profondità del patrimonio praghese si deve vedere nel suo insieme di tutta la terra della Boemia e della Moravia. [In questo senso, anche la famosa birra “Pilsner Urquell”, che arriva da Plzeň –  una cittadina non lontana dalla capitale –  si può gustare come una bevanda ceca, e non soltanto come una bevanda praghese.]

Questa è la mia capitale. Questo è il mio paese.

Nicole Ludwig Nicolaci

Nata a Francoforte e cresciuta a Praga, si è laureata in filosofia, storia e italianistica presso l’Università di Friburgo, in Germania. Dopo gli studi si trasferisce in Italia con il marito che è appena entrato in carriera. A Roma decide di approfondire la sua formazione umanistica e si iscrive alla seconda edizione del Corso di Alta Formazione ACDMAE- Università La Sapienza,  “Donne, pace e mediazione”. Oltre lo studio, le sue passioni sono le lingue straniere e la scrittura. Mamma di un bimbo da poco entrato al nido della Farnesina, Nicole è la “matricola” più giovane dell’ACDMAE e le diamo il benvenuto sulle pagine di Altrov’è.    

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