Il “risveglio” delle donne pakistane: dal focolare alla piccola impresa

di Albana Planeja Ferrarese

Quando ho saputo che mio marito era stato nominato Ambasciatore in Pakistan, sono stata colta da trepidazione mista ad una certa inquietudine. Era il 2020, e fino ad allora avevo soprattutto sentito parlare delle tensioni geopolitiche che colpivano quella zona. I media non avevano certo fatto sconti nel descrivere i contrasti che attraversavano il paese ma mio marito ed io, da poco diventati genitori, abbiamo lo stesso deciso di scoprire cosa Islamabad avesse realmente in serbo per noi, entrambi coscienti che questa sfida sarebbe stata importante sotto il profilo umano e, per un diplomatico di carriera, sotto quello professionale.

Alla luce dei due anni trascorsi qui non posso che confermare questa riflessione iniziale. Oggi Islamabad per me è “casa”: qui ho stretto amicizie solide e mi sento già parte di una comunità. Ho imparato ad amare questo paese, in tutti i suoi colori e le sue sfumature, con l’aiuto dei pakistani il cui calore e senso dell’ospitalità sono esemplari. Come gli italiani, infatti, amano la famiglia e il buon cibo, sono felici di stare in compagnia e si dilungano in animate conversazioni a tavola. Il Pakistan, tuttavia, è anche un Paese in via di sviluppo, innegabilmente alle prese con molteplici sfide, molte delle quali derivano dalla sua posizione strategica: una “cerniera” tra Medio Oriente e Asia meridionale, stretto tra pesi massimi del calibro di India, Cina e Iran con, a ovest, l’Afghanistan, paese travagliato da decenni di conflitti. La vicinanza ad una così drammatica e lunga guerra ha segnato profondamente i pakistani che, recentemente, sono anche stati colpiti da inondazioni di portata biblica, le peggiori e le più violente del secolo. Ma neppure calamità come queste hanno scalfito la forza e l’ammirabile resilienza di un popolo che, evidentemente, ha sogni elevati e speranze incrollabili proprio come le sue famose montagne che sono tra le più alte del pianeta.

Il Pakistan, con oltre 230milioni di abitanti, è anche il quinto paese più popoloso del mondo. Quasi la metà della popolazione è di sesso femminile ma solo il 50% di queste è alfabetizzato: risultato di una società patriarcale dove le donne sono generalmente confinate in casa, con poca o nessuna indipendenza finanziaria. Uscire per guadagnarsi da vivere e acquisire una certa autonomia è una prospettiva ancora poco accettata dalla maggior parte delle famiglie. I ruoli di genere sono ben radicati nella società e alle donne, specie se di estrazione popolare o nei contesti rurali, spetta soprattutto crescere ed educare la prole. Questo, sebbene il Pakistan sia uno dei pochi paesi della regione ad aver avuto per ben due mandati un Premier donna, Benazir Bhutto, che era a sua volta figlia primogenita di un primo ministro nonché nipote di una figura chiave del movimento indipendentista. La sua carriera politica fu, insomma, molto più condizionata dalla tradizione che dalle limitazioni imposte da altri fattori come la religione. La tradizione, infatti, continua ad incidere in maniera determinate sulle possibilità di carriera della maggior parte delle pakistane, nonostante si comincino a notare i primi timidi segnali di cambiamento: alcune donne pakistane stanno infatti dimostrando di poter “uscire” dai loro ruoli tradizionali e intraprendere con successo delle carriere professionali in campo giornalistico, filantropico, tecnologico oltre che politico.

Questa realtà mi ha subito colpito e naturalmente attratto perché prima d’incontrare mio marito gestivo una clinica privata con 12 dipendenti, in un ambiente lavorativo difficile e non propriamente a misura di donna come quello del Kosovo postbellico. Con questo passato di donna imprenditrice non potevo non interessarmi alle dinamiche che coinvolgono le pakistane alle prese con la sfida di guidare la propria azienda in una società dominata dagli uomini.

Nel mio nuovo ruolo di consorte ho quindi cercato d’interagire il più possibile con le associazioni locali di business women, partecipando a incontri con le istituzioni ma anche aprendo la nostra Ambasciata ad eventi per promuovere il ruolo delle donne e incoraggiarle a contribuire allo sviluppo dell’economia nazionale. In questo modo ho conosciuto decine di storie portate al successo da giovani donne e perfino da ragazze, che sono riuscite a costruire realtà straordinarie in settori come la moda, il design, l’architettura, l’arredamento e molti altri ancora.

Sarebbe difficile qui rendere conto di tutte le coraggiose protagoniste del cambiamento che è in atto in Pakistan. Mi soffermo tuttavia su una di queste belle storie, quella di Sophiya Salim Khan, che ho anche avuto l’onore di ospitare in residenza per una sfilata della sua ultima collezione. Sophiya ha avuto la fortuna di poter studiare all’estero, ma ha poi scelto di tornare a Islamabad per lanciare il suo marchio online – Shop Sister, @shopsisterpk – e presentare piccole collezioni di abbigliamento artigianale, in stile occidentale e con tessuti di alta qualità, confezionate a mano da donne che abitano in zone rurali e povere, dove l’arte del cucito non è mai stata dimenticata. Shop Sister è un giovane marchio ecologicamente responsabile e in crescita: contribuisce allo sviluppo e a rendere economicamente autonome le donne più povere, promuovendo pragmaticamente la cultura della parità di genere. Inoltre, concorre a sensibilizzare i pakistani sui problemi climatici (di cui stanno drammaticamente facendo le spese) rendendoli più consapevoli delle sfide della sostenibilità, un tratto, questo, che accomuna molte delle neonate startup pakistane al femminile.

Questi sono ovviamente solo piccoli passi di un Paese giovane che, tra mille difficoltà, cerca di muoversi nella giusta direzione. E di crescere. Ma con il meraviglioso potenziale che ha, e che è sotto gli occhi di tutti, non si può che augurare al Pakistan un grande futuro.

Albana Planeja Ferrarese

Kossovara, laureata in fisioterapia e psicologia, è un’imprenditrice nel settore sanitario. Ha fondato e gestito una clinica specializzata in trattamenti e cure fisioterapiche a Pristina e, per le capacità dimostrate, è stata premiata come “Imprenditrice di maggior successo” nell’ambito del Leadership Program promosso dall’Ambasciata USA. Sempre a Pristina incontra il suo attuale consorte, oggi Ambasciatore italiano in Pakistan, Andreas Ferrarese.

Ha vissuto brevemente a Roma, prima di trasferirsi con le due figlie ancora piccole in Pakistan. Qui ha attivamente partecipato a numerose campagne per rendere le donne più consapevoli dell’importanza della prevenzione del tumore alla mammella. Con altre consorti di Ambasciatori occidentali si sta adoperando per sensibilizzare le pakistane sui temi del women empowering e della parità di genere.

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