I mille volti di “Saigon”

di Milena Guarino Padula

Rinnovare l’abbonamento mensile per un telefonino può essere molto complicato per uno straniero in Vietnam: i messaggi del gestore arrivano in una lingua dai caratteri latini all’apparenza familiari ma in realtà incomprensibili a causa dei numerosissimi accenti. Arrivata a Ho Chi Minh City (la vecchia Saigon) questo è stato uno dei primissimi problemi pratici da risolvere. Per fortuna ho trovato vicino alla Residenza un negozietto di servizi che si occupa – fra le mille altre cose – anche di ricariche per la telefonia cellulare. È così, a scadenza mensile, nei dieci minuti che occorrono per effettuare la ricarica, ho avuto l’opportunità di osservare da vicino la vita di una famiglia vietnamita tipica.

Nel piccolo ingresso di questa bottega, sulla strada, si ritrova in un colpo d’occhio tutto quello che può servire al quotidiano: una carrellata di foto e di gadgets; un pratico mini-ufficio con un computer e persino cinque orologi appesi al muro che indicano i fusi orari in varie parti del mondo. Non manca, peraltro, il piccolo altare votivo dedicato agli avi di famiglia e abbellito da fiori e frutta fresca.  Si accede da qui, a piedi nudi, in una seconda stanza i dove si possono ammirare, da una parte, i sontuosi abiti da cerimonia, dall’altra i diversi backstage utilizzati per i servizi fotografici in posa. In una terza stanza, ancora più dietro, si intravede la parte di “casa” dove effettivamente vive la famiglia: comprende cucina, soggiorno e camera da letto, tutto insieme!

La proprietaria del negozio (che è anche addetta all’operazione di ricarica) è una bella donna  sulla quarantina, gli occhi scuri e magnetici, le sopracciglia curate, gli zigomi alti e i capelli nero corvino. Mi piace osservarla mentre le sue dita scorrono veloci sul mio telefono ed ogni volta penso che le persone come lei rappresentano la laboriosità e la determinazione di un popolo che, dopo i venti anni di immobilismo seguito alla guerra del Vietnam, terminata nel 1975, ha avuto la forza di ricominciare grazie anche alle riforme economiche del Doi Moi (letteralmente, le riforme del “rinnovamento”) adottate dal 1986 per creare gradualmente un’economia socialista orientata al mercato.

Oggi il Vietnam è un paese in via di sviluppo che fa incredibilmente registrare aumenti del Pil a due cifre nonostante la lunga pausa delle attività imposta dalla pandemia che qui è stata durissima. Mentre Saigon continua a crescere e si riempie di grattacieli scintillanti, la popolazione, dove ancora resistono sacche non marginali di povertà, fa di tutto per darsi da fare e migliorare le proprie condizioni: vendere cibo per strada; improvvisare (come fanno i barbieri locali) una bottega su un marciapiede; consegnare ordinazioni con motorini, aprire un negozietto di servizi o lanciare una start up.

Saigon (così è ancora spesso chiamata benché dal 1976 il nome ufficiale sia Ho Chi Minh City) è una città dai mille volti e in continua evoluzione.

Appena si arriva in città si rimane colpiti dalla confusione dei marciapiedi, poco praticabili perché occupati da miriadi di motorini parcheggiati, dai bar e dai ristoranti improvvisati ovunque, con le sedie e i tavolini di plastica molto bassi, quasi raso terra. Le vivande che servono sono le tipiche zuppe tra cui il Pho, un brodo di manzo o di pollo con aggiunta di verdure e spezie che i vietnamiti mangiano a colazione, carni locali o pesce arrostito al momento, su graticole di fortuna.

La bevanda preferita è il caffè di cui il Vietnam è secondo produttore al mondo. Questa bevanda, dall’aroma molto più intenso del caffè italiano, solitamente consumata con aggiunta di ghiaccio e latte condensato, è diventata più popolare del tè: i nuovi coffee shop alla moda spopolano soprattutto tra i giovani che vi si ritrovano abitualmente postando da lì anche le loro storie sui social.

Capitale per pochi anni dell’Indocina francese, Saigon conserva ancora alcuni splendidi edifici storici come il Palazzo Comunale, il teatro dell’Opera, la sede della Posta Centrale, il Museo delle Belle Arti. Esistono ancora hotel, come il Continental o il Caravelle, famosi per aver ospitato i corrispondenti di guerra di importanti testate che ne citavano i nomi nei loro articoli.

Ancora oggi, poi, si può passeggiare per le strade del centro ed immaginarsi nella Saigon del periodo coloniale, con le vecchie biciclette, i risciò, le tranquille barche sul fiume, i mercati forniti solo di prodotti locali.

Il fascino del passato pervade ancora questa città e continua a palpitare sulle sponde del fiume e sul delta del Mekong, dove non sono rare le abitazioni di fortuna, con il negozio sul lato della strada e l’abitazione privata che si affaccia sul fiume.  Viverci è tutt’altro che agevole ma i vietnamiti spesso si rifiutano di lasciarle proprio per via del business: trasferirsi nelle case popolari messe a disposizione dal governo, fuori città, significherebbe perdere il negozio, l’unica fonte di sostentamento per la famiglia.

I luoghi di culto come le pagode buddiste, i templi, la Chiesa Cattolica di Notre Dame e la Moschea sono mete di pellegrinaggio per i locali, un’attrazione turistica per i visitatori, e, oltre a rappresentare un’importante eredità culturale e spirituale per la città, dimostrano la relativa tolleranza delle autorità locali per tutte le religioni.

L’altra faccia della città, invece, guarda decisamente al futuro con i suoi numerosi grattacieli del centro, i condomini in moderni palazzi a schiera, le lussuose ville con giardini e piscine, gli immancabili mega store in stile occidentale, vetrine dei più noti brand globali del lusso e immagine di una classe media vietnamita in ascesa, che ambisce ad uno stile di vita sempre più agiato.

Negli ultimi anni è questa città ad aver avuto la meglio, dopo aver tenuto a battesimo gran parte delle iniziative industriali e commerciali del Paese. La moda, l’arredamento, i prodotti americani ed europei sono popolarissimi e, come in tutti i paesi asiatici, le foto e le storie continuamente postate sui social media non fanno che rispecchiare questa nuova realtà.

In questo contesto anche l’interesse per l’Italia e per il Made in Italy è molto forte perché con i salari medi in crescita, aumenta la fetta della popolazione che può concedersi “il lusso” di un prodotto italiano: una pizza, un paio di scarpe, un abito griffato o, addirittura, una vacanza nel Bel Paese.

Il fascino di Saigon, a ben riflettere, risiede proprio nelle mille sfumature che ancora (ma non sappiamo per quanto tempo) un occidentale vi può cogliere: tra tradizione e progresso, tra passato coloniale e moderna megalopoli, tra bancarelle di fortuna e lussuosi ristoranti gourmet, tra qualche vecchia bicicletta e miriadi di motorini chiassosi e auto che sfrecciano.

Sarebbe bello cristallizzare lo sviluppo di questa città, lasciarla così come è, con i suoi mille volti, i suoi colori, i suoi splendidi tramonti e le sue contraddizioni, per non intaccare il fascino di un luogo che, nonostante i cambiamenti, conserva ancora la sua identità come poche altre città nel continente asiatico.

 

Milena Guarino Padula

Dopo la Laurea in Scienze Economiche e Bancarie all’Università di Siena, segue il marito a Mosca, a Londra, in Bahrain e a Montreal. In Canada, alla McGill University, consegue una laurea specialistica in Public Relations and Fundraising. E’ stata Vice Presidente del Consiglio Direttivo ACDMAE 2006/2008, occupandosi fra l’altro di Lavoro dei Consorti ed Eufasa. Nei Direttivi 2016-2020 è stata delegato Eufasa ed ha fondato il Gruppo ACDMAE Formazione & Lavoro. E’ stata presidente ACDMAE con delega per l’Eufasa fino a dicembre 2021. Oggi è vive a Ho Chi Minh City con il figlio e il marito, Console Generale d’Italia in Vietnam.

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