Era l’autunno del 2020 quando ricevetti una telefonata improvvisa, da parte di una signora che avevo visto una sola volta, molti mesi prima. Nel gennaio dello stesso anno, poco prima dello scoppio della pandemia da Covid, avevo tenuto un evento di Music Appreciation, l’avviamento alla consapevolezza musicale, presso l’Ambasciata di Italia a Vienna. Tra le molte persone conosciute in quell’occasione mi colpì particolarmente una pianista giapponese, sorridente e dai modi gentili, i cui apprezzamenti denotavano una competenza musicale ben fuori dall’ordinario. La sera stessa in cui conobbi Ryoko, lei mi disse che dovevamo senz’altro rimanere in contatto e magari collaborare; parole che ho sentito molte volte, e a cui ho imparato a non dare troppo peso.
Potete immaginare la mia sorpresa quando, molti mesi dopo, nel pieno della pandemia, ricevetti la sua telefonata: al posto dei consueti discorsi di circostanza, fui investito da uno tsunami di idee, progetti, consigli, pensieri sulla musica e sulla sua interpretazione. Con particolare entusiasmo Ryoko mi parlò di ACDMAE e della possibilità di proporre un progetto musicale online all’Associazione. Così inizio tutto. Fu nel corso dei mesi successivi, con la fine dell’emergenza contagi, quando cominciammo a sentirci e a vederci sempre più spesso per dare forma alla prima stagione del programma C, che mi resi progressivamente conto di quanto straordinaria fosse Ryoko: piena di energia e propositiva nonché dotata di una sensibilità musicale fuori dal comune
Ricordandola ora, mi piace pensare che Ryoko fosse anche munita di un ‘superpotere’: quella volontà di ferro, che non ammetteva compromessi quando era ora di raggiungere la massima qualità in tutto ciò che si faceva. Una ‘durezza gentile’, la sua, che non mi ha risparmiato critiche e correzioni, sempre benevole e ampiamente giustificate da una passione incondizionata per i progetti in cui s’investiva. Passione che non tollerava ciò che non fosse eccellente. Dopotutto, un’indole diversa non avrebbe mai prodotto una pianista così incredibile, tanto sensibile quanto disciplinata, il binomio tipico del grande musicista.
Non c’è da stupirsi che la sua preferenza (musicale) fosse per quegli autori che lasciano ampio spazio all’individualità dell’interprete e alla sua fantasia e ispirazione, ma allo stesso tempo richiedono un’inesausta attenzione al dettaglio e alla ricerca delle perfette gradazioni di tono e di espressione, come Chopin, Debussy e soprattutto Franz Schubert. È proprio la musica di Schubert che più la rappresenta, con il suo tragico candore, quel suo modo divino di toccare il cuore e dire le cose più profonde con una semplicità disarmante e con sospiri incantevoli.
So che nei mesi che hanno preceduto la sua scomparsa, Ryoko stava approfondendo la grande sonata D960 di Schubert, l’ultimo suo capolavoro scritto sul letto di morte. Con quella poesia sublime e terribile voglio ricordare Ryoko, una grande amica e, a suo modo, una Maestra per tanti di noi. E con una frase che, sicuramente, rileggendo queste righe sussurrerebbe alle mie orecchie, sempre col suo modo aggraziato e famigliare: “Sei stato troppo accademico, devi mettere più colore in quello che scrivi! Fai dei cambiamenti e fammi avere la nuova versione entro questa settimana”. Ci mancherai Ryoko.
Giacomo Mura

Nato nel 1992, comincia lo studio del violino all’età di 8 anni alla scuola Civica di Milano.
Nel 2011 ottiene il diploma di violino presso il Conservatorio di Musica di Como, dove nel 2013 consegue la laurea di secondo livello (master of music).
Da più di due anni è impegnato nel diffondere una profonda conoscenza della musica classica, insegnandone la storia e come raggiungere un ascolto consapevole e ricco. Negli ultimi anni ha tenuto eventi e conferenze in collaborazione con numerose istituzioni quali l’Ambasciata di Italia a Vienna, la University of St.Thomas in Minnesota, l’University of Colorado e la Temple University di Philadelphia.