Andare avanti tornando indietro. In Belgio

di Veronika Hager von Strobele Quaroni

Che scrivere quando, dopo cinque lunghi anni romani, si ritorna nella stessa sede, nel caso nostro Bruxelles, una città che credevamo di esserci lasciata dietro le spalle partendo in auto sei anni fa, con il porta bagagli imbottito all’inverosimile, tra i canti e le risate di tre bambini felici di imbarcarsi verso nuove avventure? Sarà che l’ennesimo trasloco è stato più improvviso e rapido del solito. Che la gestione di tre figli, oggi teenagers, si è rivelata più complessa di allora. Sarà che organizzare una residenza, bella sì ma spoglia, è stato più difficile del previsto…Questi primi sei mesi nella Capitale dell’UE, mi sono scivolati tra le dita senza accorgermene, scanditi solo dal ritmo delle incombenze e delle sfide da affrontare. Questo non mi ha impedito di ritrovare vecchi amici e posti conosciuti, scoprendo che non solo loro, ma anche noi, nel frattempo, siamo leggermente cambiati. E così la “vecchia” sede, poco alla volta ai miei occhi sta diventando “nuova” perché continua a offrirmi grandi ed insolite occasioni per osservare questi cambiamenti.

Prima di dare spazio alle osservazioni personali, mi diverte sottolineare un tratto caratteristico e quasi immutabile dei belgi: la loro proverbiale pazienza. Se in passato questa caratteristica metteva a dura prova il mio autocontrollo, oggi tendo ad ammirare la riluttanza locale a non agitarsi di fronte gli imprevisti o nelle situazioni difficili. Ne’ la vecchietta al supermercato che si fa spiegare per l’ennesima volta il funzionamento della cassa automatica (qui onnipresente) ne’ il pianto ininterrotto del bambino seduto accanto sul treno, ne’ l’imprudente (e purtroppo frequente) manovra kamikaze di un’auto nel traffico dell’ora di punta, suscita nelle persone una minima, percepibile irritazione. Sono rari i momenti in cui un bruxellese perde le staffe: dappertutto regna la calma, un’atmosfera completamente sconosciuta nel contesto romano.

 

Agli occhi del turista Bruxelles si presenta oggi più verde e pulita che mai. Migliaia di alberi recentemente piantati, sia nelle strade del centro che in periferia, fanno apparire la città meno grigia e monotona di una volta, specialmente durante la bella stagione. I parchi rigogliosi, la vera ricchezza di questa città in mancanza di grandiosi monumenti, sono curatissimi. Segno evidente che le risorse per il decoro urbano e la pulizia non mancano mai. Anche dopo gli scioperi e i grandi cortei un’“armata” di netturbini riesce a far sparire in un batter d’occhio tutto quello che la folla si lascia dietro. La recente trasformazione della città, oggi molto più “green” e vivibile, ha anche portato le piste ciclabili a fianco delle più importanti arterie urbane. Il clima un po’ più clemente di questi anni ha fatto poi la sua parte, permettendo a tantissimi cittadini di abbandonare l’auto e scegliere la bici o il monopattino elettrico pubblico (l’ultimo acquisto della “sharing economy” belga) anche per recarsi al lavoro. A qualsiasi ora le strade pullulano di caschi e gilet catarifrangenti e spesso ci si imbatte anche in giovani famiglie che scelgono le due o tre ruote, con vari tipi di rimorchio, per accompagnare i figli a scuola.

Bruxelles è ringiovanita sulla scia della forte crescita demografica degli ultimi trent’anni: qui l’età media è di 37 anni e tende ad abbassarsi ulteriormente anche perché  la città continua ad attirare tantissimi giovani in cerca di lavoro da tutte le parti d’Europa.  Si dice, infatti, che uno dei barometri più affidabili sullo stato di economie come quella italiana e spagnola sia la frequenza di quanto queste lingue sono parlate nelle piazze e negli uffici di Bruxelles. La disomogeneità architettonica, culturale e linguistica (tre le lingue ufficiali, francese, fiammingo e tedesco) caratterizza ovviamente tutto il Paese ma ha anche dei pregi: integrarsi qui è senz’altro meno impegnativo che in altri Paesi del Nord Europa. Una normativa piuttosto liberale sulla politica degli ingressi ha fatto del Belgio un paese storicamente accogliente per gli stranieri. La sua Capitale, anche per via della massiccia presenza delle Istituzioni UE, oggi è un vero e proprio “melting pot”, una città multiculturale e multilinguistica che riflette in 160 chilometri quadrati (questa la superficie della Regione Capitale) il microcosmo dell’Europa e del mondo.

A livello urbanistico l’espansione è continua: s’interviene per costruire nuove infrastrutture ma anche solo per migliorale quindi gru, ruspe, impalcature e transenne sono una fastidiosa ma tollerata normalità, in centro e nelle periferie. Gli espatriati – funzionari, diplomatici e analisti – sono chiamati, ogni tanto sdegnosamente, “euroburocrati” e con questi i belgi spesso mantengono rapporti solo pacatamente cordiali.  Non mancano neppure nuovi, piccoli, ostacoli burocratici. Il fatto che le autorità locali rilascino solo una targa (il rilascio della seconda targa è a proprie spese) anche quando si è fatto domanda per immatricolarne due mi fa ritenere, per esempio, che gli “expat” siano considerati anche una gradita fonte di reddito.

Alle famiglie dei diplomatici, Bruxelles offre comunque notevoli facilitazioni. La Scuola Europea, con i suoi quattro campus, offre ai ragazzi un’opportunità unica di vivere un’esperienza davvero internazionale e arricchente. Nel 2012 i nostri tre figli furono tra i primissimi a trasferirsi di buon grado nel nuovo campus nella zona periferica di Laeken. Oggi, a distanza di soli sette anni, la scuola sta già prevedendo di costruire una quinta sede per accogliere i sempre più numerosi iscritti. Il numero impressionante di iscritti – ogni campus ospita più di 3mila alunni tra i 3 e i 18 anni – da’ anche un’idea concreta di quanto l’UE sia cresciuta in questi ultimi dieci anni! Il sistema sanitario e mutualistico locale hanno miracolosamente retto a questa pressione e rappresentano senz’altro un ulteriore “plus” di questa sede: non appena ci si abitua al meccanismo dei rimborsi e alla logica della mutua belga, si comprende quanto quel sistema sia trasparente, efficace e solido.

Nella Capitale d’Europa è invece leggermente mutato il clima politico: mentre dieci anni fa si cercava di gestire i dolori del post-allargamento, oggi sono i dolori di una difficile e ancora incerta separazione dalla Gran Bretagna ad animare le discussioni. Di Brexit si parla molto, ma con un diffuso senso di stanchezza e si vorrebbe risolvere subito la questione a prescindere dai suoi possibili esiti. La preoccupazione tuttavia resta nell’aria e la si respira, anche per via del forte legame economico fra Belgio e Gran Bretagna. Su questo sfondo si fanno avanti i grandi temi su cui si giocheranno gli esiti delle elezioni federali che in Belgio coincidono con quelle europee: immigrazione, lotta al terrorismo e, non da ultimo, la questione ambientale.  Un tema quest’ultimo che da gennaio a oggi ha visto anche qui, ogni settimana, migliaia di persone tra studenti di scuole internazionali, attivisti e gente comune, riversarsi nelle piazze facendo appello alla coscienza dell’Unione per proteggere il pianeta e dare il buon esempio. E magari potrebbe essere proprio la pressione di questa piazza multietnica, multiculturale e ancora per lo più europeista, a dare la spinta per ritrovare una voce comune in Europa. E andare avanti…

Veronika Hager von Strobele Quaroni

Cresciuta a Bolzano, ha studiato storia, giornalismo e scienze politiche all’Università di Vienna, al Bologna Center della Johns Hopkins University e alla University of Michigan (USA). Come consorte e poi mamma di tre figli ha vissuto a Detroit, Mosca, New York e Bruxelles. Ha lavorato come giornalista freelance per il quotidiano dell’Alto Adige “Dolomiten”, per la “Moskauer Deutsche Zeitung” a Mosca e per “Europa”, pubblicazione mensile della Commissione dell’Unione Europea in Russia.

 

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