“Lazzaro felice” di Alice Rohrwacher

di Maria Rosaria Gallo Colella

Mi trovo in Norvegia ormai da quasi un anno e ancora non smetto di stupirmi di quanto questo paese ami l’Italia.

Nei suoi aspetti più scontati: il cibo, la musica; ma anche nelle espressioni artistiche decisamente più lontane da questa realtà: la letteratura, il cinema.

Per venire incontro alla passione dei norvegesi per la settima arte da due anni si svolge ad Oslo un “Italiensk Filmfestival”, che garantisce il tutto esaurito costantemente.

Quest’ anno il titolo di cartellone è stato “Lazzaro Felice”, pellicola girata nel 2018 dalla regista Alice Rohrwacher.

Una storia radicata nella nostra tradizione più antica, nel mondo dei contadini; nel loro vivere del miracolo della fatica quotidiana.

Il manipolo di esseri umani che la regista insegue nella loro vita nei campi è purtroppo fermo in un tempo che va oltre questo; una schiera di novelli schiavi che la marchesa Alfonsina de Luna trattiene sui suoi terreni, isolati (praticamente e metaforicamente) dal resto del mondo, umanità inconsapevole dei passi che il mondo ha compiuto.

“Gli esseri umani sono come bestie: liberarli significa renderli consci della propria schiavitù” pontifica la marchesa al figlio Tancredi, prono alla vita di agi che lo sfruttamento dei contadini gli regala, ma in costante tensione verso una pigra rivolta.

Suo compagno e inconsapevole complice sarà Lazzaro, il più infaticabile degli schiavi; ragazzo dolce e gentile, inarrestabile e generoso nell’ aiutare  chiunque glielo chieda senza mai perdere la fiducia nel mondo circostante.

E Lazzaro rappresenterà il punto di continuità tra la realtà cristallizzata della schiavitù e quella “vera”, ma dura e crudele, del mondo contemporaneo che i contadini si troveranno a vivere, una volta liberati dalle catene di un novello vassallaggio, obbligati a farsi strada nella moderna schiavitù di una non meglio specificata, degradatissima metropoli.

Il ragazzo, interpretato da uno splendido Adriano Tardiolo, come un novello Lazzaro risorge dalla morte e con leggerezza prende su di se il ruolo di unione tra due sponde dello stesso degrado: sociale, umano, etico; ridando speranza e umanità a volti abbrutiti dalla povertà, dalla solitudine, dall’egoismo.

Maria Rosaria Gallo Colella

Napoletana di nascita e temperamento , mi sono laureata in Lingue e Letterature straniere presso il prestigioso Istituto Orientale della città partenopea; le lingue le ho poi praticate accompagnando mio marito in giro per il mondo e seguendo le avventure scolastiche dei miei 5 figli. Mi occupo della rubrica sul cinema italiano “Visti per voi” e della sezione informativa sulle attività del coro Acdmae, nel quale canto da tre anni.

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