Intervista a Aynura Huseynova

di Eleonora Mancini Durante Mangoni

Dal blog di Aynura Huseynova: www.fashionsymbols.com

Aynura Huseynova, consorte dell’Ambasciatore dell’Azerbaigian, mi da appuntamento in un posto speciale: il bistrot “Come un albero” in via Alessandria, simpatico locale dedicato alla convivialità e a un bel progetto di sensibilizzazione ed aiuto alla diversità e all’autismo.  Di Aynura credo di sapere abbastanza, so che è un’appassionata di moda e costume, che è una blogger seguita in molti paesi e quando mi saluta, sorridente e vestita di colori pastello, ho ragione di aspettarmi una conversazione leggera, tra “glamour” e nuove tendenze. Niente di tutto questo, scoprire Aynura è stata una vera sorpresa!

E’ arrivata a Roma nell’estate del 2015, dopo aver vissuto in Argentina con il marito, sposato nel 2009 e … “e da quell’anno la mia vita ha avuto una svolta repentina: ho avuto un figlio, mio marito è diventato ambasciatore, ci siamo trasferiti in Argentina e tutto intorno a me è cambiato!”

 

Che cosa facevi prima?

Lavoravo ma nei paraggi, per così dire. Affiancare un diplomatico non era per me cosa del tutto nuova. Ho studiato relazioni internazionali nel mio paese e negli Usa e, dopo la laurea, ho iniziato a lavorare per l’Accademia Diplomatica che in Azerbaigian forma i nostri funzionari in carriera e lì ho conosciuto mio marito.  Nonostante questo, non è stato facile trovarmi ad essere, nel giro di un anno, moglie, madre e ambasciatrice.

… e come se ne esce, Aynura? Qual è la tua ricetta?

In nessun modo, se non si cambia! Sono darwinista e credo che ogni svolta, anche difficile, che la vita ci prospetta sia un’ottima occasione per cambiare e per evolversi. Credo anche che l’adattamento sia parte integrante della fase evolutiva. In ogni paese in cui ci si trasferisce è possibile trovare uno “spiritus loci” che va ascoltato perché ci dà l’opportunità di acquisire ciò che ci manca, rendendoci diversi e migliori. Il primo paese in cui io e mio marito siamo stati inviati è stato l’Argentina, un posto dove si da molta importanza all’introspezione e allo studio psicologico. La psicologia in Argentina è molto praticata e ciò fa sì che vi siano scuole estremamente interessanti e all’avanguardia. Ed io mi sono messa a studiare psicologia.

E’ un campo vasto. A quale scuola in particolare ti sei legata? Quali aspetti hai approfondito?

La scuola di riferimento era junghiana, ma anche sensibile alla spiritualità orientale. Mi sono calata totalmente in un ascolto interiore che per due anni mi ha resa quasi estranea al mondo attorno a me: in due anni mi sono comprata solo due paia di pantaloni e due magliette, pensa un po’! Sono stata davvero ammaliata non solo dalla psicologia, ma anche dalla mitologia, dalla simbologia ed ho studiato – me ne rendo conto ora – in maniera quasi ossessiva, chiudendomi al resto del mondo, per potermi meglio calare in una dimensione di solitudine e di ascolto interiore profondi.

Molte di noi sperimentano la solitudine all’estero, benché la vita in una missione diplomatica richieda una forte esposizione al pubblico. Quanto incide questo nelle nostre vite?

La solitudine è dettata da una condizione che ci segna e che definirei di “non-appartenenza”: non ci troviamo più nel nostro Paese d’origine, ma non apparteniamo neppure al Paese che ci ospita e in cui temporaneamente viviamo, perché non ne condividiamo alcun ambito “famigliare”, neppure quello lavorativo. Il lavoro, in particolar modo, t’immette in un flusso di attività e di relazioni con gli altri. Lasciare il lavoro, per me, ha significato cambiare drasticamente la gerarchia dei miei valori. Dopo aver lasciato il lavoro, lasciare l’Azerbaigian mi ha infatti dimostrato che quegli stessi valori non sono assoluti: ciò che è importantissimo per noi, può esserlo molto di meno in un altro paese. Non nascondo che realizzare questo mi ha fatto andare profondamente in crisi.

Immagino che tu abbia saputo far tesoro anche di questa fase, vero?

La depressione – quella fisiologica – è in realtà una grande opportunità: Consente di infrangere la cornice che ci contiene per costruirne una più ampia. E’ dunque un’opportunità da cogliere assolutamente, per cambiare.

Scopro una saggezza profonda che, confesso, non sospettavo. Come si arriva alla leggerezza della moda da queste premesse?

Un altro cambio di marcia, un’altra cornice che si è infranta. Arrivata in Italia, ho capito che non aveva più senso isolarsi. A Roma è nato il mio secondo figlio e poi il sole, la gente e la sua cordialità mi hanno fatto venire voglia di uscire, di impegnarmi all’esterno. Mi sono chiesta cosa avrei potuto fare di significativo in Italia. Mi sono iscritta a un corso di specializzazione in “Fashion Management” della LUISS. Psicologia e moda, in fondo, sono le due facce di una stessa medaglia: una ci osserva da dentro, l’altra (ci osserva) da fuori. La moda è una delle “modalità” per passare dall’interiorità all’esteriorità, è comunicazione, è presentarsi agli altri, alla società. A Roma ho visto molte statue che portano una maschera in mano. Ecco: la moda è il modo in cui indossiamo queste maschere (da mamma, da amica, da ambasciatrice…), la maniera in cui le adattiamo al ruolo che di volta in volta assumiamo. Per Studiare bene la moda e il costume bisogna infatti partire un po’ dagli stessi presupposti della psicologia.

Com’è stata la tua esperienza di studio in Italia?

Ho iniziato imparando l’italiano, alla Dante Alighieri. Ero incinta, non sapevo che fare ero convinta dell’importanza di abbattere o aggirare la barriera linguistica. Mi sono poi iscritta a un master di un anno sul mondo della moda alla LUISS ed è stata un’esperienza molto bella. A lezione spesso ci dovevamo confrontare con la simbologia che è una delle mie passioni e mi sono subito sentita a mio agio con lo studio. Il corso era ben strutturato ed è stato bello imparare come il prodotto che promuovi, debba essere “spinto” creando aspirazioni nei potenziali acquirenti. Proporre al mercato un prodotto, per esempio un sapone, per la sua funzione (lavarsi) crea un piccolo valore. Ma se sarò invece capace di creare un’aspirazione (se ti lavi con questo sapone sarai molto più attraente) il prodotto assumerà un valore immenso e sarà molto più appetibile sul mercato. Ecco, apprendere queste tecniche mi ha molto appassionato.

E’ nato poi un tuo blog dedicato alla moda. Vuoi parlarci di questo progetto?

E’ stato davvero un gran passo per una come me, che non utilizzava né Facebook né Instagram! Anche in questo caso lo “spiritus loci” ha fatto la sua parte: l’Italia e gli Italiani, la loro apertura il loro essere socievoli, la loro voglia di comunicare e di ascoltare, mi hanno portato su questa strada. Il resto, poi, è stato facile trovandosi in uno dei “core countries” della moda.  Oltre che alle grandi firme, il blog è dedicato a quei fantastici creativi che sono gli artigiani, i piccoli-grandi produttori che creano cose originali, innovative, sorprendenti. Se non fossi venuta in Italia, non mi sarebbe mai venuto in mente di dedicarmi alla moda

Com’è stata accolta la tua nuova attività e il tuo blog in famiglia? Che riscontro hai avuto nel mondo, visto che Internet arriva ovunque…

Mio marito mi ha molto incoraggiata ed è felice di quello che faccio . L’Italia mi ha dato anche la possibilità di iniziare a collaborare con Marie Claire per cui tengo una rubrica ed è stata per me una bella soddisfazione. Quanto al mondo, il fatto che scrivo in inglese rende i contenuti molto accessibili. Ho lettori in Usa, Inghilterra, Argentina, Uruguay, India e, ovviamente, in Azerbaigian.

Un blog dove la moda è vista e commentata introspettivamente, nel suo rapporto con la psiche, la simbologia e la mitologia. E’ probabilmente questa la sintesi felice che Aynura cercava, e non possiamo che condividere la sua felicità: è nel nostro Paese che l’ha trovata!

Eleonora Mancini Durante Mangoni

Una laurea in Lingue e Letterature Straniere e una specializzazione all’Università Statale di Mosca, vari anni di lavoro nell’ambito della comunicazione e promozione del “Made in Italy” all’estero. E’ stata membro del Direttivo ACDMAE 2015/2017 con la responsabilità del Gruppo Eufasa e prima sostenitrice del Progetto editoriale di “Altrov’è”.  Attualmente lavora a Roma, per la ROBERTO COIN S.p.a. Ha collaborato con scrittori e giornalisti in progetti editoriali, conducendo lo studio dei materiali di ricerca in lingua russa.  Ha vissuto in Russia, Libia, Giappone.

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