Consorti … solo una questione privata?

di Veronika Hager von Strobele Quaroni

Chi sono i consorti dei diplomatici stranieri a Roma? Che senso danno all’esperienza che li vede affiancare il consorte in missione? Come vedono Roma e l’Italia, di quali supporti godono, quali difficoltà incontrano? Hanno un’associazione? E se sì, quale senso danno alla missione di quest’ultima?

Veronika Quaroni inizia questa passeggiata conoscitiva intervistando Karin Riis Jørgensen, politico ed europarlamentare dal 1994 al 2009 nelle file del partito liberale danese Venstre e moglie di S.E. Birger Riis Jørgensen, Ambasciatore di Danimarca in Italia.

– Come descriverebbe la sua esperienza romana di questi ultimi 4 anni e mezzo?

A livello umano è stata un’esperienza fantastica. Certo, Roma come città è cambiata tantissimo in questi anni: la condizione delle strade e dell’illuminazione sono sotto gli occhi di tutti, ma l’Italia è un paese fantastico… Da quando siamo arrivati, nell’autunno del 2011, sono successe tante cose, prima le dimissioni di Berlusconi poi l’incarico a Monti, con cui avevo lavorato molto e bene a Bruxelles quando era Commissario Europeo per la concorrenza e io europarlamentare. Ci conoscevamo bene e questo è stato utile anche per mio marito.

– Qual è secondo lei il valore aggiunto del suo ruolo a fianco di suo marito all’estero?

Potrei dare tante risposte: certamente come prima cosa seguo attentamente le faccende domestiche visto che abbiamo una sola persona di servizio per tutta la Residenza. Anche se il nostro governo ha ripetutamente affermato che delle consorti, o dei partner, all’estero non c’è ormai più bisogno, io resto del parere che quattro occhi e orecchie vedono e sentono meglio di due! Noi consorti diamo un importante contributo per stabilire i contatti con le personalità locali. Mi sono anche fatta l’idea che in Danimarca la mia generazione di consorti è probabilmente l’ultima che abbia queste ambizioni.

– L’Ambasciata danese a Roma come mantiene i contatti con i propri connazionali?

In larga parte attraverso il sito dell’Ambasciata. Da un punto di vista generale, non si tratta però della nostra principale missione, quella di occuparci dei danesi residenti a Roma. Noi come Ambasciata facciamo da ponte tra l’Italia e la Danimarca. Particolarmente importanti per noi sono le relazioni commerciali, politiche e culturali, di cui mio marito si è occupato molto in questi anni.

– Come è il trattamento economico delle consorti e dei figli dei diplomatici danesi?

Abbiamo dei contributi per i consorti, per la formazione scolastica dei figli e qualcosa per le nostre pensioni.

– Il vostro Ministero offre ai consorti corsi di lingua o di cultura prima di mandarvi in una nuova sede?

Da quello che so ci sono dei corsi di preparazione per chi è in prima uscita. Il Ministero nostro è del parere che noi consorti, nel mondo di oggi, siamo indipendenti e che la nostra vita da consorte è una questione privata. Non si aspettano niente da noi.Certo, potrebbero vederci anche come parte di una squadra. Ci vorrebbe poco per farci crescere nel nostro ruolo: un notiziario, degli incontri o degli aggiornamenti. Alle riunioni annuali degli Ambasciatori a Copenaghen noi non prendiamo più parte. Il fatto è che nessuno oggi vuole avere più degli obblighi, questo è vero a livello europeo, nazionale e privato. Questa tendenza si rispecchia anche nell’atteggiamento del nostro Ministero verso noi consorti, e questo mi dispiace.

– Esiste un’Associazione consorti dei dipendenti del Ministero degli Esteri danese?

No, non esiste più. Quando mio marito era Ambasciatore a Londra ho organizzato un incontro per le consorti nell’ambito delle riunioni regionali biennali dei nostri diplomatici in Europa, con un esponente dell’Associazione consorti britannica – che è molto ben organizzata – per parlarci delle loro esperienze. L’anno successivo abbiamo avuto una giornata per i consorti durante la riunione annuale degli Ambasciatori a Copenaghen. Poi però il nostro Ministero ha ridefinito il nostro ruolo e queste riunioni non hanno più avuto luogo. In un futuro forse non ci sarà neanche più richiesto di svolgere attività di rappresentanza in sede. In passato abbiamo avuto l’occasione di invitare Federica Mogherini, quando era una giovane politica, a pranzo. Certamente non avrebbe accettato l’invito per pranzare su delle sedie di plastica in un caffé davanti al Pantheon…

– Conosce le attività dell’EUFASA (European Union Foreign Affairs Spouses Association), questa sorta di super associazione delle singole Associazioni Consorti d’Europa, che dovrebbe rappresentarci in seno agli organi europei e dare la rotta per intraprendere passi comuni? Come giudica l’importanza di questa organizzazione?

Anche se la Danimarca non ne fa parte, conosco le sue attività. Penso che sia molto importante scambiarci le nostre esperienze a livello internazionale per capire come altri paesi affrontano problemi comuni come per esempio quello delle pensioni. Oramai le società in cui viviamo funzionano come un ufficio, da lunedì a venerdì. Parliamo tanto del mondo globalizzato ma ci dimentichiamo l’importanza di stabilire contatti diretti in altri paesi per riuscire a comprenderli veramente.

– Come europarlamentare dal 1994 al 2009 ha avuto modo di osservare da vicino le dinamiche all’interno dell’Unione Europea. Come giudica gli ultimi sviluppi e quali sono secondo lei le grandi sfide dell’Europa in questo momento?

L’Italia ha già dato una risposta alle grandi sfide, dovendosi confrontare contemporaneamente con tutti i grandi problemi di oggi: l’immigrazione, la crisi finanziaria e la disoccupazione. L’Italia ha cercato e sta cercando di trovare soluzioni a livello europeo. Abbiamo bisogno di soluzioni europee. Renzi in questo sta facendo un ottimo lavoro per l’Europa. Abbiamo bisogno di politici e giornali che promuovono un’agenda europea. Dobbiamo dissipare la paura dell’Europa e cercare soluzioni comuni. Nessun paese può risolvere da solo i problemi di oggi, ma questo approccio richiede coraggio e leadership. Speriamo che la Gran Bretagna faccia la scelta giusta al referendum sulla sua permanenza in Europa… In ogni caso penso che i membri dell’Unione Europea che vorranno in futuro lavorare più strettamente insieme, lo faranno. Ma sono lo stesso molto preoccupata per il futuro. La globalizzazione ha sollevato tantissima gente dalla povertà, ma la classe media ha sofferto tanto e sta cercando risposte politiche spesso troppo semplici. C’è però anche un problema di informazione. Sui social media, che tanto usiamo ed amiamo, spesso circolano informazioni le più svariate non riconducibili ad alcuna fonte certa. Questo porta alla disintegrazione della nostra società.

– Ambasciatrice, la ringrazio molto per questa intervista.

Veronika Hager von Strobele Quaroni

Giornalista per formazione e appassionata viaggiatrice da 30 anni, moglie di un diplomatico italiano e madre di tre figli in età adolescenziale, Veronika Hager von Strobel ha vissuto in Austria, negli Stati Uniti, in Russia e in Belgio. Ha collaborato come giornalista freelance per il quotidiano dell’Alto Adige “Dolomiten”, per la “Moskauer Deutsche Zeitung” a Mosca e per “Europa”, pubblicazione mensile della Commissione dell’Unione Europea in Russia.

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