Corso donne, pace e mediazione: pronto il modulo per formare il “Conflict Mediator”

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di Susanna Bonini Verola e Anna Orlandi Contucci Iannuzzi

[/vc_column_text][thb_gap height=”25″][vc_column_text]Quante volte abbiamo sentito dire che “ma se ci fossero più donne ai vertici, il mondo non sarebbe migliore? Partendo dall’analisi concreta di questa considerazione l’ONU è stata la prima organizzazione internazionale a voler dare, quasi vent’anni fa, un riscontro oggettivo a questa ricorrente affermazione. L’ha fatto partendo da una serie di studi secondo i quali, ad esempio, se al tavolo di un negoziato di pace partecipa anche una quota “rosa”, le probabilità di raggiungere accordi di pace duraturi (ovvero di durata pari ad almeno 15 anni) aumentano fino al 35%. Questo orientamento ha trovato la sua precisa espressione nella Risoluzione 1325, del Consiglio delle Nazioni Unite del 2000, che rappresenta una pietra miliare nel riconoscimento del ruolo cruciale svolto dalle donne in situazioni d’instabilità e conflitto e ne sancisce l’importanza del loro coinvolgimento nei negoziati internazionali. Ma aver posto l’attenzione sulla prospettiva di genere nella risoluzione dei conflitti non ha significato che la strada, per coinvolgere concretamente le donne nei processi e nel mantenimento della pace, sia in discesa. Nonostante i buoni propositi, le donne continuano a rappresentare un esiguo 22% dei quasi 17mila membri civili delle missioni di peacekeeping attive. I dati delle Nazioni Unite indicano che la quota “rosa” della componente militare arriva a malapena al 3% del totale e si ferma al 10% per quanto riguarda il personale di polizia. A quasi vent’anni dalla storica adozione della Risoluzione 1325 è quindi evidente che molto resta da fare.

Se ne è infatti ampiamente parlato, durante la recente presentazione della seconda edizione del Corso di Alta Formazione “DONNE PACE E MEDIAZIONE”, che ha avuto luogo lo scorso 14 febbraio nella Sala degli Artisti del Circolo degli Esteri.  Il Corso è oggi uno dei fiori all’occhiello della nostra Associazione, che dalla metà del 2017 è impegnata nell’organizzare e promuovere questo nuovo ciclo di studi post-laurea, in collaborazione con la cattedra di Diritto Internazionale del Prof. Sergio Marchisio, della Facoltà di Scienze Politiche de La Sapienza di Roma.

Alla presentazione della Seconda edizione del Corso – dopo il saluto di apertura di Francesca Bianchi – la prima riflessione è stata affidata a Laura Guercio, Segretario Generale del CIDU – Comitato interministeriale per i Diritti Umani – la quale ha salutato con soddisfazione il rilancio dell’iniziativa ACDMAE, in quanto “mira a formare donne-agenti della ricomposizione dei conflitti ed è quindi pienamente in linea con il Terzo Piano d’Azione dell’Italia 2016-2019 in tema di applicazione della Risoluzione 1325.” Infatti, la 1325 ha invitato gli Stati a adottare “National Action Plans” per raggiungere progressivamente gli ambiziosi obiettivi delle Nazioni Unite: primo fra tutti, quello di raddoppiare entro il 2020 il numero delle donne coinvolte in missioni di pace. Ed in quest’ambito, l’Italia figura tra i Paesi più attivi tra i 54 che si sono finora dotati di Piani d’Azione “integrati”, cioè realizzati con la società civile: lavorando quindi con Università, ONG ed Associazioni come la nostra.

Il Terzo piano nazionale 2016-2019– ha ribadito Laura Guercio – è importante e bisogna continuare a lavorare per attuarlo a pieno e anche Corsi di formazione, come quello di ACDMAE, contribuiscono a rendere attiva la 1325 e a farla interagire con la società a cui si riferisce”. Rivolgendosi alle Consorti presenti, Laura Guercio, non ha poi mancato di evidenziare come il loro ruolo all’estero, specie in quelle sedi di assegnazione caratterizzate da instabilità e crisi, può diventare estremamente importante nell’ottica della 1325 perché “calate profondamente nel substrato delle società civili, riescono a recepire istanze, che possono diventare istanze ufficiali”.

Numerose le studentesse presenti all’incontro di presentazione, le quali si sono mostrate molto interessate all’annuncio che i nuovi moduli didattici della Seconda edizione del Corso saranno anche indirizzati a definire uno sbocco professionale concreto: quello del Conflict mediator. Una figura chiave per le odierne aree di conflitto, dove emerge sempre più nitidamente – hanno successivamente evidenziato i docenti Gianfranco Nucera e Debora Capalbo de La Sapienza – come la mediazione non possa più essere un’opzione, ma sia una effettiva necessità. “

L’esperienza della prima edizione del Corso, una novità assoluta– ha quindi sottolineato nel suo messaggio il Prof. Sergio Marchisio, Direttore del Corso e responsabile della Cattedra di Diritto Internazionale de La Sapienza – ha confermato che è necessaria una professionalità precisa per operare in un simile contesto e questa la si ottiene insistendo nello studio dell’azione preventiva dei conflitti e nella mediazione”. Ma questo come? Partendo da una approfondita conoscenza giuridica della cornice entro la quale si deve muovere il mediatore e proponendo, affianco ad una formazione “classica”, una didattica partecipativa basata su laboratori di gruppo e presentazione di esperienze vissute: come quelle dei funzionari diplomatici italiani che si sono misurati con la mediazione sul campo.

“Non può sfuggire, infatti, come dopo l’attacco alle torri gemelle del 2001, la comunità internazionale abbia adottato un approccio sempre più inclusivo e integrato, per rispondere a un nuovo tipo di “guerra” senza confini, quella al Terrorismo” – ha continuato Luisa del Turco Coordinatrice didattica del Corso e Consulente delle Forze Armate per l’applicazione del Diritto internazionale Umanitario nei conflitti -“Oggi i processi di pace includono sempre più numerosi stakeholders provenienti dai territori vicini, dalla società civile: ma anche dal mondo dei media e delle imprese. Si tratta di un nuovo approccio Comprehensive,che non segue solo l’evoluzione del diritto, ma anche e soprattutto l’evoluzione della prassi. Ed è questo l’approccio che apre spazi cruciali per le donne nelle mediazioni di domani: le azioni di peace-building e di peacekeeping devono per forza coniugarsi con i contenuti della risoluzione 1325, espressione tipica delle politiche ora perseguite dalle NU, per avere qualche speranza di successo.”– ha continuato Luisa del Turco – “Lo vediamo, per esempio, nel caso del difficilissimo processo di pace in atto in Afghanistan dove – come ammonisce un articolo pubblicato da Open Democracy – solo includendo le donne nei negoziati e non solo simbolicamente, si può sperare di ottenere risultati concreti con i Talebani. Sarebbe, infatti, impensabile raggiungere e mantenere la pace in Afghanistan, senza affrontare il nodo della parità e senza porre anche le donne al centro del negoziato. Depone a favore dell’inclusione femminile anche l’esempio dei negoziati di Ginevra tra il regime di Assad e le forze dell’opposizione. Negoziati caratterizzati da una drammatica sfilza di round fallimentari e da un tavolo dove – nonostante i ripetuti appelli delle NU e l’adozione di una nuova risoluzione (la 2122 del 2013) – ancora una volta hanno trovato posto solo uomini, mentre le donne, coinvolte in primis nel conflitto, sono state derubricate a vittime”.

A fronte di scenari internazionali ancora così lacunosi, circa la partecipazione femminile ai processi decisionali, conforta avere visto che, in occasione delle recenti celebrazioni dell’8 marzo a Montecitorio si sono riaccesi i riflettori sul tema “Donne, Pace e Sicurezza”, nel corso di un convegno sulla Risoluzione 1325, in cui è stato ribadito come: uguaglianza di genere ed empowerment femminile siano essenziali, a livello nazionale e internazionale, per prevenire tutte le forme di violenza.

Ed in tal senso si sta muovendo la preparazione del Quarto Piano di Azione Nazionale, di cui è iniziata la fase di stesura. Ma anche il Corso Donne Pace e Mediazione è in divenire: il 22 marzo ci sarà l’apertura ufficiale del Corso, con un numero maggiore di iscritti rispetto allo scorso anno e con in nucemolte idee per la Terza Edizione del Corso, che contiamo veda la luce a gennaio del 2020. Questo perché ACDMAE vuole contribuire al superamento del confine tra affermazioni di principio e realtà ed aiutare concretamente a valorizzare il ruolo della donna nella società. Ma non ci fermiamo qui: l’esperienza del CORSO DONNE PACE E MEDIAZIONE vogliamo portarla anche in sede EUFASA, attraverso la voce delle nostre rappresentanti all’Assemblea Generale del prossimo maggio a Londra, perché solo condividendo il nostro impegno e facendo rete possiamo sperare che in futuro le cose cambino.[/vc_column_text][thb_gap height=”40″][thb_gap height=”40″][vc_column_text]

Susanna Bonini Verola

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Anna Orlandi Contucci Iannuzzi

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3 Commenti
  1. Ringrazio Anna e Susanna per l’interessante l’articolo.
    Da alunna del corso Donne, Pace e Mediazione ne condivido l’approccio innovativo e le potenzialità soprattutto per noi consorti.
    A conclusione del corso l’elaborato finale da me presentato dal titolo “Coniugi dei diplomatici: ruoli, potenzialità e possibili sviluppi nell’attuazione dell’agenda Donne, Pace e Sicurezza” evidenzia l’utilità della formazione dei consorti del personale MAECI su questi temi, affinché l’esperienza acquisita in sedi caratterizzate da instabilità e crisi possa essere messa in pratica nei processi di mediazione.

  2. Volevo poi ringraziare Anna in particolare per avermi invitata, in occasione della presentazione del 14 febbraio, a parlare della la mia esperienza e delle possibilità di valorizzare il ruolo dei consorti nell’ambito della mediazione. Porterò le stesse istanze in sede EUFASA sperando che la portata innovativa di questo progetto continui anche in Europa.

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